Liu Bolin “Visible Invisible”

Il perfomer cinese della fotografia mimetica al Mudec


Liu Bolin

Opere che vengono da diverse zone, per un mix di culture che ne formano una sola. Le foto sono un ponte di unione tra un passato che ci vedeva tutti uniti e un futuro in cui spero torneremo ad esserlo

Liu Bolin

Mudec Photo presenta la seconda mostra fotografica (la prima con Steve McCurry). Dal 15 maggio 2019 al 15 settembre 2019 si potrà scoprire Liu Bolin e le sue fotografie caratterizzate dall’uso del bodypainting per mimetizzarsi con lo sfondo.

Nato a Shandong nel 1973, inizia la sua carriera artistica con la scultura non immaginando di poter raggiungere livelli di fama mondiale con la fotografia. In dieci anni elabora una crescita personale e dalle sue esperienze capisce che nella società molte cose non funzionano, soprattutto in Cina, dopo che il governo decide di distruggere il suo studio nel Soujia Arts Camps per far spazio al progresso e al nuovo che avanza. Da qui in poi inizia un secondo percorso per l’artista. Comincia la denuncia fotografica cercando di comunicare che tutti i luoghi, tutti gli oggetti hanno un’anima che li caratterizza e usa l’arte del bodypainting per integrare il suo corpo con lo sfondo delle sue immagini, rafforzando il suo concetto.

Le fotografie hanno diversi livelli di lettura, oltre l’immediatezza espressiva. Dietro lo scatto fotografico c’è lo studio, l’installazione, la pittura, la performance dell’artista: un processo di realizzazione che dura anche giorni.

“Visibile Invisibile” è una mostra pensata appositamente per gli spazi espositivi del Mudec. In rassegna circa cinquanta opere dell’artista tra cui un inedito della Pietà Rondanini scattato al Castello Sforzesco di Milano e la fotografia della Sala di Caravaggio, mai esposta prima, realizzata nel 2019 alla Galleria Borghese di Roma, oltre all’immagine scattata al Mudec tra i reperti della collezione permanente del museo.

Liu Bolin, Pietà di Michelangelo, Castello Sforzesco, Milano, 2019

Nella mostra troviamo la “serie” di fotografie Hiding in the city nata dalla sua ribellione contro lo stato dopo il 2005 (quando il governo distrusse lo studio). Liu Bolin prosegue nella ricerca dei temi sociali che racchiudono i luoghi da lui visitati e l’impatto del proprio messaggio artistico sulla società. Lo spazio giusto è fondamentale per la comunicazione, da qui nascono Hiding in the rest of the world e Hiding in Italy (2008-2019). In particoalre, quest’ultima aggiunge all’importanza del luogo anche il confronto tra la visione della cultura orientale e quella occidentale, dove Cina e Italia sono le rispettive madri, e pone l’attenzione sulla conservazione di essa da parte dell’Occidente.

Troviamo anche le fotografie del ciclo Shelves nelle quali l’artista scompare tra scatolame e vari beni di consumo evocando un’immagine forte, ossessiva e totalizzante come lo è il nostro bisogno consumistico. “la mia preoccupazione” afferma Bolin in conferenza “è la poco sicurezza che i governi impongono sul cibo, soprattutto in Cina”.

Un’altro ciclo esposto riguarda il nostro Paese: Migrants. Qui si vede il coinvolgimento di altri performers, ovvero dei rifugiati ospiti di alcuni centri d’accoglienza in Sicilia. In questo caso, l’identificazione con lo sfondo lascia il posto alla spersonalizzazione dell’io di un popolo che non ha più un volto se non quello della disperazione umana.

Liu Bolin, Migrants, 2015

Il suo messaggio rompe la visione tradizionale e comunica un senso, un modo del tutto originale di leggere la realtà. Le opere di Bolin sono di denuncia, di impegno, di rottura, ma anche di contemplazione laica della bellezza, ovunque e comunque si manifesti. Ci sfida ad andare oltre le cose, oltre la manifestazione superficiale del mondo, oltre il conformismo per scoprire un qualcosa che rischia di sfuggirci, benché sia lì sotto i nostri occhi.

Per informazioni su biglietti e orari consultare la pagina dedica sul sito del Mudec


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