Nuova tassa sull’oro | se hai lingotti o monete, lo Stato valuta un prelievo per “metterli in regola”
Lingotti d'oro @pexels, radiobicocca.it
Nella cornice della Manovra 2026 prende forma l’idea di una nuova tassa sull’oro fisico, pensata per far emergere e “regolarizzare” lingotti e monete in cambio di un’imposta una tantum più leggera dell’attuale.
L’oro torna al centro del dibattito fiscale italiano con una proposta che guarda direttamente ai risparmiatori che negli anni hanno accantonato lingotti e monete come bene rifugio. Non si parla di espropri o sequestri, ma di un meccanismo di rivalutazione agevolata che consentirebbe allo Stato di incassare risorse immediate e ai proprietari di metallo prezioso di mettersi “in regola” con il fisco pagando meno rispetto al regime ordinario sulle plusvalenze.
Secondo le ipotesi circolate, il Governo starebbe valutando un’imposta sostitutiva intorno al 18%, da applicare sul valore aggiornato dell’oro detenuto sotto forma di lingotti e monete da investimento. Una percentuale più bassa rispetto al 26% attualmente previsto sulle plusvalenze in caso di vendita, che renderebbe più conveniente aderire alla procedura per chi possiede oro comprato anni fa a prezzi decisamente inferiori a quelli attuali.
Come funzionerebbe il prelievo per “mettere in regola” lingotti e monete
Il cuore della proposta è un’operazione di affrancamento, simile a quella già vista in passato per terreni e partecipazioni. Chi detiene oro fisico potrebbe chiedere di aggiornare il valore fiscale dei propri lingotti o delle proprie monete al prezzo di mercato, pagando su questa nuova base un’imposta sostitutiva agevolata. In pratica, lo Stato riconosce che l’investimento vale oggi molto più di quando è stato acquistato e propone di tassare subito parte di questo incremento con un’aliquota ridotta.
Per i risparmiatori, il vantaggio sarebbe duplice: da un lato una tassa immediata inferiore al prelievo standard sulle plusvalenze, dall’altro la possibilità di vendere in futuro l’oro rivalutato con un carico fiscale più contenuto, perché una fetta dell’imposta sarebbe stata già versata. Lo Stato, dal canto suo, otterrebbe un gettito rapido e significativo senza dover attendere le eventuali cessioni del metallo. È questa la logica che rende l’operazione interessante per il bilancio pubblico e allo stesso tempo appetibile per chi vuole dare una sistemata alla propria posizione.

Chi potrebbe essere coinvolto e quali errori evitare
La platea potenzialmente interessata non è fatta solo di grandi patrimoni. In molti, negli ultimi anni, hanno acquistato piccoli lingotti o monete d’oro come forma di risparmio alternativo, convinti di mettere al sicuro una parte del capitale. Per questi investitori, che spesso non si considerano veri “operatori finanziari”, la nuova tassa rischia di arrivare come una sorpresa. Capire che si tratta di una misura opzionale, e non di una patrimoniale automatica, diventa fondamentale per valutare serenamente il da farsi.
Uno degli errori più frequenti, quando si parla di novità fiscali sull’oro, è confondere una imposta una tantum di affrancamento con un prelievo forzoso generalizzato. Nel caso della misura allo studio, la scelta di aderire o meno resterebbe in capo al singolo contribuente, che dovrà misurare costi e benefici in base alla propria situazione: valore di carico dell’oro, orizzonte temporale di investimento, eventuale intenzione di vendere a breve o mantenerlo come riserva a lungo termine. In questo scenario, la “regolarizzazione” proposta dallo Stato si presenta come una sorta di corsia preferenziale per chi vuole fare ordine tra valori di acquisto storici e quotazioni attuali, in un momento in cui l’oro continua a essere percepito come un bene rifugio strategico ma sempre più sotto i riflettori del fisco.
