Intervista | Giorgieness: il valore del cambiamento, della scrittura e la vita tra provincia e città


Giorgieness

Giorgieness, il progetto capitanato da Giorgia D’Eraclea, è di fatto più vivo che mai, ma anche in fase di evoluzione: dopo l’EP, Giorgia ha infatti deciso di tornare alle origini con un tour acustico in solo, Essere Me, in attesa del nuovo album. Il 5 ottobre è uscito l’EP Nuove Regole che, oltre a contenere l’inedito Questa città, offre agli ascoltatori i rework di Vecchi, Fotocamera e Avete Tutti Ragione, ad opera di Bryan Senti & Justin Moshkevich, due produttori statunitensi.
In occasione del suo concerto all’Ostello Bello di Milano, domenica 10 marzo, abbiamo avuto l’occasione di intervistarla poco prima della sua esibizione.

Pochi giorni fa, l’8 marzo, c’è stata la festa internazionale della donna. Ricordo quando, la scorsa estate, hai preso le difese di CRLN, la quale, in apertura di un concerto di un rapper, era stata insultata dai fan di quest’ultimo. Secondo te, che ruolo possono avere le poche donne che ci sono nel panorama della musica indipendente? Tu stessa ti senti portatrice di qualche messaggio o valore nei testi che scrivi?

Non mi sento portatrice di nessun messaggio in particolare, però sicuramente è una questione che mi pongo quotidianamente. Posso dirti che se tu non vuoi che sia vero, se non vuoi che il genere femminile venga discriminato, puoi fare in modo, quantomeno nel tuo piccolo, di non piegarti a determinate situazioni e di non lasciare che l’idea di essere una donna, ti faccia rinunciare o ti faccia pensare di non poter fare qualcosa. 

Questo è l’unico messaggio che mi sento di dare a qualsiasi ragazza: quando avete capito cosa volete fare nella vita, non chiedetevi se potete farlo o meno perché siete donne, semplicemente continuate a farlo. Ovviamente sarà più difficile, ma bisogna smettere di porsi questo problema e iniziare a circondarsi di persone che non ci mettano in condizioni di dover scegliere.

Per quanto riguarda la festa della donna, quella è una celebrazione per le donne che non ci sono più, per la lotta sui diritti, non è una semplice festa per ricadere sempre negli stereotipi comuni!

Quello che è successo a Caroline, in arte CRLN, era solo uno dei tanti esempi all’interno di un contesto più ampio. Avrei reagito allo stesso modo anche se non fosse stata una mia amica. Le ho semplicemente chiesto come fosse andata quella serata e mi è stato raccontato quello che era successo. È normale che io, dallo stesso palco, abbia dovuto dire qualcosa. Il primo punto è che io, come artista, non sto suonando per l’artista principale della serata; la seconda cosa è che la gente che ha capito la sua musica, le ha applaudito, e se lo meritava. Bisogna cercare, quindi, di non porsi il problema anche se è bello e normale che ci siano differenze tra uomini e donne. Non è che certe donne o certi uomini possono o non possono fare qualcosa: tratta più di una questione di sensibilità.

Certo, ma questa idea è vera anche nel caso di altri mestieri, non solo nella musica

Ma certo, assolutamente. Ti posso fare questo esempio: entrambi i miei genitori sono poliziotti. Mia madre per me, è forse uno dei modelli più importanti, nonostante anche lei ne abbia passate tante proprio per il fatto di essere una donna.

Per quanto riguarda la musica indipendente, forse, anche le poche donne che ci sono, si aggrappano così tanto alle loro idee e al mestiere a cui vogliono ambire, per cercare di farcela.

L’altro giorno ragionavo proprio su questo aspetto, sul fatto che ci siano dei lavori tendenzialmente femminili. La donna è colei che deve stare in cucina, però poi è il cuoco importante e rinomato è un uomo, è la donna che insegna ma poi le figure luminari sono di solito maschili, è tutto così. Nonostante le donne vengano ghettizzate in determinate categorie in base a ciò che possono o non possono fare, poi gli uomini vogliono prendersi l’eccellenza anche in quegli ambiti. È un patriarcato talmente radicato che davvero, secondo me, ci vorrà tantissimo tempo per eliminarlo e l’unico modo per farlo è fregarsene e continuare a lottare per tutto quello che è giusto, ovviamente.

Il tuo ultimo EP Nuove regole, rilasciato lo scorso ottobre, contiene l’inedito Questa città, dove sostieni che quest’ultima non abbia più senso e che tu vorresti cambiare. All’interno dell’EP si sviluppa il tema del cambiamento, il quale è emerge anche dalla copertina del disco, come rapporto tra passato e futuro nelle due figure disegnate. Quanto il vivere sia in una realtá come quella della provincia, sia una cittá come Milano ti hanno influenzato?

La provincia, secondo me, è la culla di tutti noi che scriviamo ogni tipo di canzone. La provincia ti cambia e ti forma in un determinato modo. In provincia, se vuoi emergere, devi trovare per forza qualcosa da fare, e questo aspetto ti dà la forza di mettere in piedi non solo un progetto musicale, ma di arrivare in un posto in cui hai tutte le possibilità per fare quello che hai sempre voluto fare e sfruttarle tutte.

La città, d’altro canto, mi ha permesso poi di mettere in pratica questa volontà di fare qualcosa. Adesso comunque sto tornando a vivere in città, a Torino, dopo aver vissuto tra Milano e Como. 

Mi andava di affrontare questo cambiamento, anche se mi manca Milano ma ancora non ci tornerei. Una volta uscita dall’ottica universitaria, quando la tua famiglia ti aiuta, devi cavartela con i soldi che guadagni suonando, percià preferisco vivere in una città più accessibile. Dai 18 anni fino a un anno e mezzo fa ho vissuto a Milano ed è forse l’unica città che sento come casa mia, nonostante io l’abbia lasciata e nonostante sia Milano la città di cui parlo in Questa città.

La domanda mi era venuta in mente pensando alla provincia e a due citazioni: La provincia ci ha uccisi dal brano Baci dalla provincia de L’orso; La mia città mi mette ansia dal brano Lettera dalla provincia leccese de La Municipàl.

Quando mi hai posto la domanda precedente, ho subito pensato al brano de L’orso. Mattia Barro, fondatore di questa band, è un mio caro amico e ho parlato proprio con lui di questo rapporto tra provincia e città. Ad un certo punto anche lui ha sentito il bisogno di ritornare a vivere in provincia e all’inizio non comprendevo la sua scelta. Adesso capisco la sua decisione e al motivo per cui gli possa essere servito questo trasferimento. La provincia ti spinge a fare, perché sennò nessuno ti aiuta.

Il titolo del tour Essere te riprende il brano Essere me, dove racconti la tua vita e ti chiedi cosa si prova ad essere te. Ora tu come ti senti?

Essere te rappresentava una canzone di protesta e di presa in giro, come Il presidente. Mi rivolgevo ad una possibile persona che sapeva tutto e che, quindi, poteva spiegarmi come si poteva fare a vivere la vita.

Nel titolo si ritrova un gioco di parole: mi sono chiesta chissà come sarebbe stato essere me, soprattutto da sola sul palco, visto che è dal 2011 che non accadeva. Ecco questa è la domanda che mi sono posta ed è questo il motivo per cui ho deciso di chiamare così questo particolare tour in acustico in giro per l’Italia.
Volevo capire chi ero, cosa stavo facendo, dov’ero arrivata all’interno del mio percorso musicale. Mi sto concentrando tanto sulle nuove canzoni, che verranno presentate in maniera inedita anche nei concerti, e questo mi ha riallacciato alla chitarra; visto che lontano dal palco non ci so stare, sentivo il bisogno di tornare a suonare.

Ascoltando le tue canzoni, ho notato come i tuoi testi e la tua musica mi diano una carica per affrontare le situazioni comuni della vita, che tu stessa descrivi in maniera diretta, senza filtri. In questo nuovo disco troviamo una parte più acustica, quindi di ritorno alla creazione originaria di una canzone chitarra e voce o si troverà sempre la parte di rabbia e rock che è presente nei dischi precedenti?

Posso dirti che sarà un rock diverso. Ovviamente l’attitudine sarà quella ma sarà un disco che si discosterà, un po’ come lo è stato anche Questa città.

Mi piacerebbe che ci fossero delle chitarre acustiche ma questo non significa che poi il pezzo sarà acustico. Ho delle ispirazioni diverse rispetto a quando ho iniziato a scrivere a 18 anni, e il mio modo di scrivere, di usare la voce e di scegliere delle tematiche che è cambiato. 

Sono uscita dalla dinamica di coppia in maniera diversa, ho un modo diverso di affrontare le cose.  Nel disco precedente, ero in un momento in cui uscivo da una storia tormentata e avevo bisogno solo di parlare con questa persona e comunicarle la mia rabbia, ma non potendolo fare, scrivevo le canzoni.

Adesso lo faccio perché mi serve per parlare con me stessa e fissare i miei pensieri sulla carta; mi sto impegnando infatti di uscire da questa dinamica a due, anche se la rabbia resta, ma questa volta la conosco e la so gestire. Prima non sapevo distinguere rabbia dalla gioia, erano solo un insieme di emozioni che mi arrivavano addosso, mi colpivano e mi tramortivano. Adesso riesco a raccontarle a posteriori, quando sono lucida e calma. Anche il fatto di soffrire per scrivere, ad esempio, sicuramente è vero però forse si riesce a comunicare in maniera migliore quando ci si sente un po’ meglio anche con noi stessi.

Ringraziamo Giorgieness per la chiacchierata e per la sua disponibilità e il suo ufficio stampa Conza per averci dato questa opportunità.


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