Live Report | Machine Gun Kelly infiamma Milano
C’è un ascensore sul palco, le porte chiuse illuminate dagli schermi, l’assordante rombo dei motori e una voce femminile che accoglie gli spettatori all’ingresso dell’Hotel Diablo. Machine Gun Kellyè una presenza imponente, con il suo metro e novanta di altezza e gli occhi del colore del ghiaccio. Apre lo show di spalle, con il volto abbassato, sulle prime note diHabits, poi alza lo sguardo sulla folla e accenna un sorriso. Non riesce a tradire un velo di commozione davanti al calore del pubblico, con quei ragazzi che cantano le sue rime come se le avessero scritte loro stessi. Colson porta in scena il suo ultimo album quasi per intero, accompagnato su base dalle voci degli artisti che hanno duettato con lui nel disco; dael diabloaRouletteeCandy, passando per l’omaggio aMac Miller, scomparso lo scorso anno, inGlass Housee il ricordo diChester BenningtoninHollywood Whore. In chiusura di serata ci sarà spazio anche perI Think I’m OKAY, la collaborazione conYUNGBLUDeTravis Barker,5:3666,Waste Loveed infineBurning Memories. Ho iniziato a fare musica per me stesso e poi ho scoperto di scrivere soprattutto per voi,everyone stands together L’artista lascia la parola al pubblico e con la prima strofa diBad Things, nella versione in studio cantata daCamila Cabello, dà il via ad un medley di cover tra cuiOcean EyesdiBillie Eilish,WonderwalldegliOasise infineShout At The DevildeiMotley Crue, un omaggio alla sua partecipazione albiopicsulla band prodotto da Netflix. In fondo è vero che l’etichetta di rapper gli sta un po’ stretta: a questo punto dello show resta da chiedersi come un’icona pop di oggi, il simbolo del britpop e l’emblema del glam rock possano convivere sullo stesso palco, eppure Machine Gun Kelly rimette a posto tutti i tasselli e il risultato è magnetico e coerente. Con la sua band, un gruppo completo di strumentisti e due rapper come supporto, manda al diavolo le categorie e spazia tra i generi come raramente capita di ascoltare. Energico e riflessivo, col sorriso disegnato sul volto o incazzato fino all’osso, MGK ha scelto di essere la versione più sincera di se stesso; dalla doppietta di brani dissing controEminem(RAP DEVILeFloor 13) fino alla chiusura dello show, affidata a27(che, peraltro, era anche la ventisettesima canzone in scaletta) eBurning Memories, il giovane cantautore di Cleveland si è messo a nudo davanti al pubblico milanese che da due anni aspettava il suo ritorno in Italia. Una nota di merito va alle versioni dal vivo diTill I DieeBad Motherf’ckere alla scarica di adrenalina che hanno portato all’interno del Fabrique
