Il primo febbraio è il World Hijab Day, giorno celebrato in 190 paesi e dedicato alle donne musulmane. Si tratta di una ricorrenza introdotta nel 2013 che pone accento sulla discriminazione nei confronti della religione musulmana.
Come è nato il World Hijab Day?
Facciamo un salto nel tempo di esattamente dieci anni: è il primo febbraio del 2013 e Nazma Khan, newyorkese originaria del Bangladesh, lancia un appello rivolto a tutte le donne indipendentemente dal background di provenienza, nazionalità o professione religiosa. Chiede loro di portare il velo musulmano per un giorno intero. È una sfida ma non provocatoria. L’obiettivo sarebbe quello di vestire, letteralmente, i panni delle donne musulmane e vivere la loro quotidianità per notare quante discriminazioni, pregiudizi e stereotipi subiscono.
L’evento riscuote un grande successo e infatti nel 2017, lo Stato di New York dichiara la Giornata Mondiale dell’Hijab. L’anno successivo il Parlamento scozzese ospita una mostra di tre giorni per celebrare la giornata e nel 2021, anche le Filippine designano il 1° febbraio come World Hijab Day.

Il velo portato dalle donne musulmane
L’hijab un velo utilizzato dalle donne musulmane per coprirsi la testa e le spalle. Esistono diversi modi di portare l’hijab, variano a seconda della cultura di provenienza e dei gusti personali. Il termine è arabo e letteralmente significa “divisorio” o “tenda”. Il Corano, libro sacro per l’Islam, fornisce linee guida su come il fedele dovrebbe comportarsi e vestirsi nella vita di tutti i giorni. I dotti religiosi hanno spesso interpretato alcuni suoi versetti e fornito come indicazione quella di coprirsi il capo per le donne. Non c’è dubbio che a volte l’hijab è stato utilizzato come strumento di oppressione da parte di tiranni e conservatori, ma la società occidentale ha finito con generalizzare questa situazione e applicarla in ogni contesto. Come risultato si è diffusa la convinzione per cui il velo sia sempre e comunque un’imposizione, che le donne non abbiano libertà di scelta e siano soggiogate da uomini in famiglie patriarcali.

Ovviamente non è così. A tutto questo si è aggiunto l’aumento dell’islamofobia dopo l’11 settembre e a pagarne il prezzo sono proprio le donne musulmane. Non sanno bene da cosa difendersi, se dalla percezione esterna di essere considerate come sottomesse o dagli sguardi taglienti di chi le considera una minaccia alla sicurezza pubblica.
Non avere paura, è solo un velo
La libertà di espressione include anche il sentirsi a proprio agio nell’indossare l’hijab, il chador o il burka se è quello che si desidera portare. Ma i giudizi degli altri sono pesi che sanno schiacciare al suolo. Parlare è facile, speculare e puntare dita ancora di più. Allora perché per una volta non cambiamo outfit? Magari così riusciamo a cambiare anche le nostre opinioni.
Se vuoi fare parte anche tu di questa campagna di sensibilizzazione o vuoi saperne qualcosa di più, allora dai un’occhiata all’hashtag #WorldHijabDay.
E ricorda quello che Vasco Brondi disse una volta: “siamo donne, siamo donne oltre il burqa e le gonne”.
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