Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”

Il secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi La vita di Munch al cinemabySara Garnieri Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo” Dal 2 novembre è disponibile su Prime VideoCome un padre, un docufilm sulla carriera di uno degli allenatori italiani più iconici di sempre:Carlo Mazzone. Pochi trofei nel palmarès, ma tante esperienze di vita vissuta che lo hanno portato a essere definitol’allenatore dell’uomo. Il film si occupa di inquadrare prima di tutto il contesto in cui è sbocciato Carletto. Siamo nella Roma nel secondo dopoguerra. Famiglia umile, con un padre improntato al lavoro e che voleva insegnare il mestiere del meccanico al figlio e con una madre casalinga, che lo copriva quando andava a giocare a calcio con gli amici. Da calciatore divienebandiera dell’Ascoli, ma un infortunio alla tibia gli costa la carriera. Qui inizia la storia di un uomo che non conosce freni, un esempio assoluto ditenacia. Inizia ad allenare alla giovanissima età di 31 anni edesordisce in serie A a 37, divenendo ilpiù giovane tecnicoche il campionato abbia mai potuto conoscere. Tramite i racconti dei giocatori che ha allenato durante gli anni, si intuisce subito l’umanità, caratteristica fondamentale del suo modus operandi. Di allenatori fenomenali, con in bacheca i più prestigiosi trofei se ne conoscono molti. Allenatori capaci però di essere ricordati con una così grande stima pur avendo vinto poco si contano sulle dita di una mano. Dalle interviste diBaggio, Guardiola, Totti, Materazzie altri ex calciatori presenti nel film, si può ricostruire una “scheda tecnica” di Mazzone. Le peculiarità alla base del suo approccio al mondo del calcio sono due:cura dei rapportiemodernità. Carletto era capace di alzare il livello di tensione quando avvertiva eccessivo relax nello spogliatoio e l’indomani stemperare gli animi con una classica battuta in romanaccio. In campo esigeva il massimo dai suoi calciatori, perché per lui non erano solo atleti matanti piccoli figli. Infatti, esattamente come si trattano i figli, per lui i ragazzi erano tutti uguali, aldilà delle qualità. La delusione di una prestazione svogliata non si fermava al rettangolo di gioco, ma andava oltre e toccava la sfera personale. Infine, dal punto di vista tattico praticava ungioco concettualmente modernopersino per i tempi odierni, fatto di aggressività e pressing ad alti ritmi. Il mix di questi ingredienti, sapientemente descritto dal docufilm, lo ha portato ad entrare nel cuore di tutti. Chi lo conosce ama definirlo “allenatore dell’uomo” prima che del calciatore. Altri ancora lo riconosconocome un padre. Come un padreha permesso agli appassionati di calcio di fare un tuffo in un mondo che ormai non esiste più. Parliamo del mondo di Carletto, fatto direlazioni direttesenza intermediari, di rapporti capaci di estendersi oltre il lavoro e soprattutto di unlinguaggio crudoe poco elegante, ma efficace e che arriva dritto al cervello. È sempre più noto come il calcio stia andando verso una visione quasi strettamente aziendale, abbandonando lentamente tanti principi cardine. Un allenatore che ha bisogno di tempo per creare la ricetta vincente non può più esistere, semplicemente perché quel tempo non è concesso. Un uomo come Carlo Mazzone, che impersona princìpi come lacoerenza, difficilmente si sarebbe piegato ad un sistema cosìlontano dal campo da giocoe dunque probabilmente non saremmo qui a parlare della sua storia come un esempio. Alla luce di ciò, è davvero corretto spostare l’attenzione di uno sport verso il mero raggiungimento di obiettivi finanziari sacrificando storie di campo come questa? Per rispondere veramente a questa domanda occorre usare il cervello e fare una riflessione analizzando anche i vantaggi della nuova“industria calcio”, ma non prima di dare spazio al cuore edemozionarsi con questo film. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostIl secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi Next PostLa vita di Munch al cinemabySara Garnieri