Holiday Blues: come sopravvivere al Natale

Oggi, con l'aiuto di alcuni ragazzi, esploriamo il concetto di Holiday Blues. La verità è che non è tutto luci e regali.


Holiday Blues

Nel tempo il mondo ha coniato parole come Holiday Blues. Ma di cosa si tratta e perché è importante affrontare questo tema? Lo scopriamo in questo articolo dove alcuni studenti della Bicocca hanno condiviso frammenti delle loro esperienze.

Qualche definizione

Holiday Blues è un’espressione anglosassone che in modo grezzo potremmo tradurre con “vacanze tristi“, solitamente viene associato a un periodo festivo che dovrebbe recare gioia e serenità, mentre invece scatena sentimenti connotati negativamente quali ansia, disinteresse generalizzato, inquietudine, senso di vuoto e tristezza. Può durare per tutto il periodo festivo o per un lasso di tempo più limitato. 

La verità è che più cresco e più le varie celebrazioni mi sembrano semplicemente eventi che arrivano e vanno via, senza lasciare né doni né ferite troppo profonde. In fondo il senso di queste ricorrenze sta in ciò che ci si porta dentro quando le si attraversa. Io purtroppo, da quando sono “grande”, sempre più spesso mi guardo dentro e vedo uno spazio troppo mal illuminato per trovare qualcosa. Tanto vale dunque rimanere al sicuro della mia camera e godermi la vista dall’alto, lontano da tutto.

Amy A.

Se è vero che le festività natalizie possono scatenare una depressione dormiente (trigger) non è corretto definire l’Holiday blues come una forma di depressione e tanto meno rientra tra le malattie elencate nel DSM-5, il manuale dei disturbi mentali. Questo non sminuisce l’effetto che può avere su chi ne fa esperienza. Così resta importante saper dare un nome a quello che si prova. 

Holiday Blues: quello che dicono i medici

I mass media e gli stessi psichiatri hanno contribuito a creare (e a esagerare) questa “condizione“ già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. E come per ogni cosa, si è creato un minestrone finale in cui depressione, Holiday blues o SAD (Disturbo Affettivo Stagionale) sono diventati sinonimi intercambiabili. 

Ma questo non è un articolo scientifico, non siamo qui a scrivere di sintomi e diagnosi. Siamo qui a condividere pezzi di vita vissuti tanto diversi e comunque profondamente connessi. Sarà il bello dell’umanità: così simile nel provare felicità quanto tristezza.

Non mi ricordo quanti anni fa è successo, ma un Natale mio padre è stato ricoverato per un principio di ostruzione ad un vaso sanguigno. Lo hanno dovuto operare e ha fatto tutto il periodo delle feste in ospedale anche se oggi sta bene. Non ho davvero qualcosa che mi faccia dire che lo spirito natalizio non esista più in casa mia, a me il Natale piace ancora. Sono solo più preoccupato per tutte le cose che si hanno andando avanti nella vita adulta. La mia famiglia è sempre stata molto unita, io ho solo paura per la salute dei miei e del fatto che senza di loro tutto non sarebbe più la stessa cosa, non solo il Natale.

James S. 
Freeda: altre esperienze

Per te cos’è il Natale?

Nella mia famiglia non si sono mai sentite le feste, il massimo è sempre stato un pranzo con quattro persone costrette allo stesso tavolo con la tv accesa. Anni fa ricordo di una vigilia di Natale bellissima, la ragazza con cui stavo ai tempi mi aveva portato a pattinare sul ghiaccio per la prima volta. Per me quello era il massimo, la vigilia che non avevo mai vissuto. Solo io e lei, mi sentivo a casa finalmente. Dicembre è un mese strano per me, forse il più freddo di tutto l’anno.

Jobu T.

Per me il Natale simboleggia il mio bisogno di riaccendere relazioni perdute. Non è un male, ma so già, realisticamente, che non ce la farò a vedere tutte le persone che vorrei. È come un senso di nostalgia, mancanza, mista ad ansia. È come la paura di non mantenere una promessa. Verso le persone che hanno significato qualcosa per me. È che per me i legami sono importanti, e questa è una promessa che faccio con me stesso, in maniera un po’ tossica probabilmente. 

Salvatore D.V.

Un po’ si sta male anche a Natale

C’è chi incolpa le aspettative, altri lo stress da acquisti, gli anziani la globalizzazione, i giovani la televisione e alla fine si vive male questo periodo senza trovare né la ragione del malessere né la cura. Forse la responsabilità è di più fattori messi insieme o forse dipende, a seconda delle circostanze. Ci sono diverse correnti di pensiero in merito, ma perché -per questa volta – non ci concentriamo su come reagire invece di ricercare le motivazioni? Per alcuni la soluzione è circondarsi di amici e familiari, per altri l’idea di una bella nevicata o – e questo è il caso di Molly – il sollievo dato dal cinema.

In genere le cose che faccio per limitare i danni sono:
1. puntare le mie aspettative natalizie sui cibi. La torta al cioccolato di mia zia è favolosa e un po’ vale la pena aspettarla. 
2. Seguire l’esempio dell’armadillo di Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: «ma ci hai fatto caso come “catarsi” e “catarro” sò due parole quasi uguali?» Quindi quando sono sola a casa mi sfondo di film che so che mi fanno piangere per sfogarmi un po’, come appunto il Grinch, Le 5 leggende, L’amore non va in vacanza, ecc. Così mi disidrato un po’ e non piango dopo.
3. Con gli altri do libero sfogo al mio cinismo da Grinch, tipo scorza dura, guardando anche i film “anti-natalizi” pieni di sparatorie e gente che si prende a ceffoni. Ti consiglio per capire il genere Fatman e Una notte violenta e silenziosa, in entrambi c’è un Babbo Natale che mena come un fabbro. Lo trovo molto catartico.  
4. Esterno un buon umore immotivato per far felici i parenti.

Molly S.
/ca.tàr.si/ e /ca.tàr.ro/

L’Holiday Blues per chi non festeggia

Ho sempre vissuto il Natale come una cosa che è fuori da me, essendo io di origini musulmane. Ma in casa lo festeggiamo perché mia zia è italiana ed è cristiana. Resta comunque un elemento estraneo e “comandato”. A volte ho come la sensazione che dovrei essere felice, visto che è quello che ci si aspetta. Il risultato finale è che festeggiare diventa una forzatura. Questa tradizione, però, non è mai stata molto presente in famiglia, noi abbiamo altre feste, proprie della nostra cultura e io sto ancora cercando di integrare il tutto. La verità è che la mia realtà collide con quella degli altri. 

Paula B. 

Più che al Natale, io penso ad altro come l’ansia per gli esami, la frenesia generale che avvolge dicembre, la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo che è il fatidico momento dei bilanci. Ti siedi al tavolo, tiri fuori il tuo foglio stilato dodici mesi prima e inizi a tirare una linea sugli obiettivi raggiunti. Però spesso capita che le linee in questione siano poche e tu resti con questa sensazione di vuoto che è incrementata dalla malinconia di un altro anno che si è concluso. Chiaramente ci sono cose belle, la metà della mia famiglia è nata tra Natale e Capodanno, un motivo per festeggiare ce l’ho anch’io.  

Meera P. 

Se togli Holiday, resta Blues

La Treccani definisce il termine blues come l’essere malinconico e sentirsi blu. Blu come il colore delle mani lasciate nude al freddo di Milano o la sensazione con cui ti riempiono i testi di Noah Cyrus. C’è qualcosa di umano in questo termine, una sfumatura che prima o poi si prova nel corso della vita e magari lascia qualche segno. Il Natale non sempre è un periodo felice o sereno. Ma questa è una regola che vale per qualsiasi altro aspetto della vita. Quindi? Non buttiamoci giù. La soluzione migliore non esiste e non è universale. Bisogna tentare, provare e nel caso riprovare. La cosa positiva è che non sempre è un percorso in salita e nemmeno solitario. Lungo il cammino si trova sempre qualcosa: una spalla su cui appoggiarsi, una mano da tenere, un orecchio a cui parlare, magari qualche sorriso da scambiare. 

Buone feste, nonostante tutto. 


Areeba Aksar

Conosciuta come Ary, è nata a Kotli nel 1999. Studia Scienze Psicosociali della Comunicazione alla Bicocca. Apprezza i libri usati, gli indelebili per scrivere cose permanenti e i dialoghi dei film che non ti scordi. Soffre di meteoropatia estiva, se potesse vivrebbe da qualche parte in Quebec.

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