Meglio prima (?): il sottile confine fra rap e pop

Meglio prima (?): il sottile confine fra rap e pop

C’era una volta ilrap italiano, quello deiClub Dogo, diMarracash, diMondo Marcio,dei primiJ-AxeFabri Fibra, musica di denuncia e lotta sociale, censurata dai media tradizionali e dall’opinione comune. Oggi, dopo un lungo processo di conquista delmercato musicaleitaliano e mondiale, il rap è uscito dalguscio dell’undergrounde si è imposto definitivamente come genere a tal punto che radio e giornali non possono più far finta di niente, ma questo non è necessariamente un bene. Da sempre il rap ha avuto un rapporto conflittuale con il mondo delgiornalismo.Da una parte, fino a pochi anni fa eramaltrattatodaigiornalied ignorato dalleradio. Dall’altra parte non mancavano risposte a suon di rime: nel 2008Marracashirrideva i giornalisti conNon confondermi, mentre alcuni anni dopo,GemitaizeMadmanutilizzavano toni decisamente meno scherzosi inNo Comment.Oggi tutto è cambiato, il rap è diventatomainstream, passa spesso in radio ed i giornali, musicali e non, devono parlarne, anche senza averne una conoscenza approfondita. Infatti non mancanogaffesanche su testate autorevoli, che fanno sorridere gli appassionati, ma il bello arriva quando sono i rappers stessi ad accorgersene e non si risparmiano dal deriderli, non senza una venatura di amarezza. Particolare è il caso che ha coinvoltoMondo Marcio: alcuni giorni fa, sul sito web di un importante giornale, è comparso un articolo a proposito degli eventi che si terranno aCremonadurante tutto il mese diluglio, in onore dei60 anni di carrieradiMina. Il27 lugliosarà il turno del rapper milanese che, secondo la giornalista intonerà a modo suo i successi di Mina, una scena piuttosto interessante, ma anche del tutto improbabile. InfattiMondo Marcio, grandefandella cantante cremonese, nel 2014 ha pubblicato unalbum(Nella bocca della tigre, dal soprannome della cantautrice,la tigre di Cremonaappunto), nel quale ilritornellodi ognibranoera costituito da uncampionamentodi unacanzonediMina. Uno dei primi ad accorgersene è stato proprio lo stesso rapper che ha pubblicato alcuneInstagram storiesnelle quali sbeffeggiaval’autricedell’articoloe la maggior parte deigiornalistiche, a suo dire, scrivono di cose che non conoscono e non si degnano nemmeno di informarsi, o di “fare i compiti”per usare le sue parole. Dalle parole di Mondo Marcio si potrebbero sviluppare delle riflessioni sul ruolo che il rap ha acquisito nella società odierna.Iproblemidel rapporto fral’editoriaed il mondo delrap, probabilmente nascono dal fatto che quest’ultimo è per sua natura musica dinicchia, una nicchia costituita dagiovaniprincipalmente, e diprotestacontro ilsistema.Fabri Fibra, i Club Dogo, Marracash e tantissimi altri artisti appartenenti a quella generazione d’oro dell’hip-hop italiano denunciavano lecondizioni di vitadelleperiferiedelle grandi città, criticavano laclasse politica corrottae ivalori ipocritidelleclassi dirigenti; finire in radio non era una ricompensa, come scriveva Marracash nella suaIn radio: “adesso che sei in radio per me sei solo un estraneo, solo una voce in radio”. Per moltiragazzinati neglianni ’90il rap è quella musica che i genitori vorrebbero proibir loro, immorale e diseducativa a loro avviso, tutto il contrario se si prova a riflettere sui testi. Il rap era il motivo per cui non si ascoltava la radio perché “tanto non lo mettono mai”; era fatto di canzoni che parlavano della vita vera, quella di tutti i giorni, canzoni a cui un’intera generazione lega i ricordi della suaadolescenza, un’ età diribellioneche in quel genere trovava il suo compagno di vita.Oggi i 50enni cantano le canzoni diFedezeJ-Ax, mentre i bambini di 10 anni ascoltanoSfera Ebbasta, segno che la musica di strada ha davvero invaso l’area delpop, o si potrebbe dire anche il contrario. Il problema è che per capire il rap bisogna conoscerlo, non basta ascoltare una canzone e, se si vuole farne un genere per tutti, occorrerebbe esportarne anche lacultura, ilmodo di viveree di essere cosicché tutti possano identificarvisi. Questo però non è possibile perché lacultura pop, quindi accettata da tutti, ed in particolar modo dallaclasse dirigentenon può essere la stessa deiceti popolari, dei piùpoveri; laprotestae ladenuncia socialenon possono esseremainstream,la musicaanti-sistemaper definizione non può essere contemporaneamente la musica delsistema.Allora, se lasocietànon può adattarsi alrap, il rischio che accada ilcontrarioè più che concreto: potrebbe essere il rap stesso a conformarsi conbisognievaloriche gli sonoestranei, ad adattarsi nellaformae neicontenutialla musicapoped è proprio quello che sta succedendo. In conclusione, forse, in un mondo musicale in velocissima evoluzione, specchio di quello reale, dovremmo fermarci un attimo a riflettere. Potrebbe allora tornarci utile una celeberrima frase del “vecchio”J-Ax, che lui utilizzava nel 2011 in modo anche provocatorio. Forse però, oggi si potrebbe davvero pensare che “era meglio prima”