Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”

La vita e la carriera di Carlo Mazzone raccontate dal docufilm disponibile su Prime Video.


Dal 2 novembre è disponibile su Prime Video Come un padre, un docufilm sulla carriera di uno degli allenatori italiani più iconici di sempre: Carlo Mazzone. Pochi trofei nel palmarès, ma tante esperienze di vita vissuta che lo hanno portato a essere definito l’allenatore dell’uomo.

Un esempio di tenacia

Il film si occupa di inquadrare prima di tutto il contesto in cui è sbocciato Carletto. Siamo nella Roma nel secondo dopoguerra. Famiglia umile, con un padre improntato al lavoro e che voleva insegnare il mestiere del meccanico al figlio e con una madre casalinga, che lo copriva quando andava a giocare a calcio con gli amici. Da calciatore diviene bandiera dell’Ascoli, ma un infortunio alla tibia gli costa la carriera.

Qui inizia la storia di un uomo che non conosce freni, un esempio assoluto di tenacia. Inizia ad allenare alla giovanissima età di 31 anni ed esordisce in serie A a 37, divenendo il più giovane tecnico che il campionato abbia mai potuto conoscere.

Tramite i racconti dei giocatori che ha allenato durante gli anni, si intuisce subito l’umanità, caratteristica fondamentale del suo modus operandi.

L’uomo oltre l’allenatore

Di allenatori fenomenali, con in bacheca i più prestigiosi trofei se ne conoscono molti. Allenatori capaci però di essere ricordati con una così grande stima pur avendo vinto poco si contano sulle dita di una mano.

Dalle interviste di Baggio, Guardiola, Totti, Materazzi e altri ex calciatori presenti nel film, si può ricostruire una “scheda tecnica” di Mazzone. Le peculiarità alla base del suo approccio al mondo del calcio sono due: cura dei rapporti e modernità. Carletto era capace di alzare il livello di tensione quando avvertiva eccessivo relax nello spogliatoio e l’indomani stemperare gli animi con una classica battuta in romanaccio. In campo esigeva il massimo dai suoi calciatori, perché per lui non erano solo atleti ma tanti piccoli figli. Infatti, esattamente come si trattano i figli, per lui i ragazzi erano tutti uguali, aldilà delle qualità. La delusione di una prestazione svogliata non si fermava al rettangolo di gioco, ma andava oltre e toccava la sfera personale. Infine, dal punto di vista tattico praticava un gioco concettualmente moderno persino per i tempi odierni, fatto di aggressività e pressing ad alti ritmi. 

Il mix di questi ingredienti, sapientemente descritto dal docufilm, lo ha portato ad entrare nel cuore di tutti. Chi lo conosce ama definirlo “allenatore dell’uomo” prima che del calciatore. Altri ancora lo riconoscono come un padre.

Una storia di un calcio che non esiste più 

Come un padre ha permesso agli appassionati di calcio di fare un tuffo in un mondo che ormai non esiste più. 

Parliamo del mondo di Carletto, fatto di relazioni dirette senza intermediari, di rapporti capaci di estendersi oltre il lavoro e soprattutto di un linguaggio crudo e poco elegante, ma efficace e che arriva dritto al cervello.

È sempre più noto come il calcio stia andando verso una visione quasi strettamente aziendale, abbandonando lentamente tanti principi cardine.

Un allenatore che ha bisogno di tempo per creare la ricetta vincente non può più esistere, semplicemente perché quel tempo non è concesso. Un uomo come Carlo Mazzone, che impersona princìpi come la coerenza, difficilmente si sarebbe piegato ad un sistema così lontano dal campo da gioco e dunque probabilmente non saremmo qui a parlare della sua storia come un esempio.

Alla luce di ciò, è davvero corretto spostare l’attenzione di uno sport verso il mero raggiungimento di obiettivi finanziari sacrificando storie di campo come questa?

Per rispondere veramente a questa domanda occorre usare il cervello e fare una riflessione analizzando anche i vantaggi della nuova “industria calcio”, ma non prima di dare spazio al cuore ed emozionarsi con questo film.


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