Intervista | Dottoressa Veronica Aloisio: Vincere la nostra paura

giornata e quale sarà il focus? La giornata è rivolta a tutti. Ha l’obiettivo di approfondire il
funzionamento della paura, una delle sensazioni più primitive, un meccanismo
adattivo che ci salva la vita. La paura, infatti, viene prima e dopo di ogni
cosa, spingendoci ad agire anticipando la stessa mente, con velocità e
precisione. Al tempo stesso, proprio in virtù di queste caratteristiche, la
paura può superare se stessa e da grande risorsa diventa limite; diventa
panico. Durante il workshop del 9 giugno il professor Giorgio Nardone illustrerà
la trappola mentale del panico e le paure patologiche. Sono inoltre previsti
due momenti di dimostrazione in diretta con due volontari. Per garantire la
privacy ovviamente sarà vietato registrare o fare delle foto. Questa giornata sarà condotta dal professor
Nardone, fondatore insieme a Paul Watzlawick del Centro di Terapia Strategica
di Arezzo. In cosa consiste la Psicoterapia Breve Strategica? La Psicoterapia Breve Strategica è un approccio originale alla soluzione dei problemi umani. Si tratta di un approccio breve che si occupa di produrre un cambiamento nelle modalità attraverso le quali una persona costruisce la propria realtà, nella relazione tra sé e sé, sé e gli altri e sé e il mondo. Da un punto di vista strategico per cambiare una situazione problematica non è necessario indagare e svelare le cause passate ma risulta più utile lavorare su come il problema funziona nel presente e su quali siano le strategie più adatte a creare un cambiamento efficace e duraturo. Questo approccio affonda le proprie radici
nella Scuola di Palo Alto, di cui Paul
Watzlawick è stato il maggior esponente. “Come funziona il problema” è il focus
clinico che contraddistingue il nostro approccio. La maggioranza dei
problemi persiste infatti proprio in virtù delle soluzioni messe in atto per
risolverli, sonole soluzioni che spiegano
i problemi. Ad esempio, analizzando le reazioni
più usuali a una percezione di intensa paura, si osservano alcune costanti
ridondanze nelle diverse persone e situazioni: a) Il tentativo di evitare o rifuggire
ciò che spaventa, che fa sentire sempre meno capaci di fronteggiare ciò che si
teme b) la ricerca di aiuto e protezione,
che lì per lì fa sentire salvi, ma contribuisce a mantenere e far peggiorare il
problema. Più si chiede aiuto e lo si riceve, meno ci si sente in grado di
affrontare la situazione c) il tentativo fallimentare di tenere
sotto controllo le proprie reazioni fisiologiche, che fa paradossalmente
perdere il controllo, per cui ci si agita ancora di più. La
reiterazione nel tempo di questo tipo di interazione incrementa la percezione
della paura conducendo a un’esasperazione dei parametri fisiologici che si
attivano naturalmente in presenza di stimoli minacciosi, sino all’esplosione
del panico. Se si riesce a interrompere tali
interazioni disfunzionali, la paura rientra nei limiti della funzionalità. Questa ipotesi ha guidato il Prof. Giorgio Nardone verso la messa a punto di specifici protocolli di intervento: se l’evitamento, la richiesta di aiuto e il tentativo di controllo fallimentare sono davvero ciò che trasforma una reazione di paura in panico, allora far sì che una persona sofferente per questo disturbo interrompa tali copioni di risposta dovrebbe condurre all’estinzione del disturbo stesso. Nel 1987 è stata realizzata la prima applicazione di un protocollo terapeutico specifico per gli attacchi di panico con agorafobia, basato su una sequenza strategica di stratagemmi terapeutici in grado di creare eventi casuali pianificati, che portavano i soggetti prima a sperimentare l’esperienza emozionale correttiva, per poi venire esposti gradualmente alle situazioni temute, toccando con mano le nuove capacità acquisite. A proposito della prima
tentata soluzione dell’evitamento cui accennava poc’anzi, spesso alcuni
studenti in difficoltà possono bloccarsi di fronte a un esame o a una qualunque
prova, proprio per evitare la paura. Come ci si può disincagliare da questo
blocco? Quando una persona si blocca per un esame, si indaga
prima di tutto il funzionamento di questo evitamento. Lo studente evita sentendo
di non aver studiato abbastanza oppure, pur avendo studiato, si sente incapace?
Affronta comunque l’esame o non si presenta? Evita solo l’esame o anche altre
situazioni? Ecc… Non c’è una risposta o una ricetta unica, infallibile per
tutte le situazioni. Si indagano quindi le principali tentate soluzioni e, in
base al funzionamento del problema, vengono date indicazioni ad hoc per
sovvertirne il meccanismo e, quindi, per smontare il problema stesso. Il professor Nardone ha utilizzato
spesso con atleti e sportivi questo metodo di miglioramento delle proprie
performance e superamento dei propri limiti. Lavorare con gli studenti è
un’esperienza nuova? È più complessa? Quali sono le differenze tra le due
esperienze? Lavorare con ogni persona è un’esperienza nuova. Indipendentemente
dal fatto che si tratti di un atleta, di uno sportivo, di un manager o di uno
studente. Bisogna tenere in considerazione l’originalità di ogni singola
persona applicando un modello teorico-applicativo rigoroso. Come ci suggerisce
Gregory Bateson“il rigore da solo è
morte per asfissia, la creatività da sola è pura follia”. Ringraziamo la dottoressa Aloisio per la disponibilità. La partecipazione al workshop prevede per gli studenti una
quota di iscrizione di 100 euro a persona. Inoltre, ci sono promozioni relative
alle iscrizioni di gruppi: ogni 5 persone iscritte una può entrare gratis. Per maggiori informazioni relative alla giornataVincere la nostra pauraè possibile consultare ilsito