L’Esorcista, la nostra intervista al cast


L'Esorcista

Dal 18 ottobre preparatevi ad assistere ad una delle trasposizioni teatrali più spaventose di sempre: L’Esorcista. Tratto dall’omonima pellicola del 1973 diretta da William Friedkin, la storia ruota attorno a Regan, ragazzina posseduta dal demonio, e Padre Merrin, l’esorcista incaricato di risolvere la situazione. Lo spettacolo si svolgerà al Teatro Nuovo di Milano fino al 10 novembre, prima di partire per Roma al Teatro Olimpico e a Torino al Teatro Alfieri.

Di seguito troverete l’intervista realizzata al cast ed Alberto Ferrari, regista di questo interessante adattamento teatrale.

Vi chiederei come prima cosa una breve introduzione sui vostri personaggi.

CLAUDIA CAMPOLONGO: Io sono Regan, la bambina che probabilmente sarà indemoniata. Nello spettacolo interpreto due ruoli: quello della bambina dolce, tenera e spaventata di 12 anni e quello della bambina posseduta dal demonio. È realmente un demonio che arriva dall’esterno? Sarà un malessere della bambina? Questo non ci è dato saperlo e dovrete vedere lo spettacolo per scoprirlo!

VIOLA GRAZIOSI: Io sono Chris, la mamma della bambina che si confronterà con i disturbi sempre più complessi ed incomprensibili della figlia. Personalmente non sono madre ma le madri che interpreto mi danno sempre grandi occasioni di riflessioni! Chris lotta con l’ignoto e l’amore è quello che la guida, che le fa superare tutti i suoi grandi limiti con i quali si confronta, le sue paure, le sue piccolezze e i suoi sensi di colpa.

GIANNI GARKO: Io faccio l’esorcista del titolo, un vecchio sacerdote gesuita che in extremis viene chiamato a risolvere questo caso tragico e, naturalmente, per chi ha visto il film, sa come va a finire la vicenda. È un uomo di fede profonda che non dubita sull’esistenza del diavolo e ritiene che il demonio, satana, esista come l’80% dei cattolici cristiani.

ANDREA CARLI: Interpreto padre Karras, un gesuita in difficoltà con la fede per problemi personali che cerca di risolvere allontanandosi da un’idea di una fede concreta. Questa verrà riacquisita proprio grazie a questa situazione drammatica.

JERRY MASTRODOMENICO: Io interpreto Burke Dennings, regista hollywoodiano grande amico di Chris. Un personaggio con turbe personali profonde che funge da punto di riferimento e figura maschile sia per la bambina che per la madre.

SIMONE DE ROSE: Sarò padre Joe, un altro gesuita, molto amico di padre Carras. Cercherò di portarlo all’essenzialità delle fede e sarò quello che per primo sospetterà una possessione demoniaca.

MICHELE RADICE: Sono il Dottor Strong, uno psichiatra che visiterà la bambina prima di passare all’esorcismo. Nello spettacolo sono tanti i personaggi che portano il concetto della fede, io sono quello della razionalità e della scienza. Le due hanno cominciato a confrontarsi fin dalla creazione del mondo e nello spettacolo ci sarà sia scontro che unione, al fine di trovare una soluzione al problema.

MASSIMILIANO LOTTI: Interpreterò il Dottor Klein, il primo di una lunga serie di dottori che visiterà la bambina e che dovrà constatare assieme ai colleghi come nulla porti a dire che la bambina sia malata. Noi razionalisti dobbiamo quindi fermarci di fronte al fatto che la bambina è sana da un punto di vista medico.

Lo spettacolo ha come obiettivo anche quello di riportare i giovani a teatro. Come ci riuscirete?

ALBERTO FERRARI: Bisogna dire ai giovani che il teatro non è necessariamente una cosa che annoia, non necessariamente sono due ore dove la mente vaga. Il teatro è un luogo dove passare felicemente due ore della propria vita. Anzi, sarebbe necessario portare i giovani a teatro per creare gli anticorpi per questa vita! Il teatro ti dà modo di essere attivo e ogni spettatore conta. E poi il linguaggio usato a teatro è un linguaggio dei nostri tempi, non facciamo teatro di archeologia o teatro di ricerca filologica, facciamo un teatro che rappresenti la nostra società.

VG: Se posso aggiungere, ci poniamo anche delle domande sul nostro tempo, in quanto esseri umani. Penso che ciascuno spettatore, dai più ai meno giovani, possa riconoscersi e porsi i nostri stessi dubbi.

AF: e poi soprattutto la gente si chiede: “Nell’esorcista ci sarà il vomito? Ci sarà la testa che gira a 360 gradi?” Si, ci saranno. Anche se in realtà noi non puntiamo su queste cose, che comunque ci saranno e sono cose dalle quali non puoi prescindere in uno spettacolo del genere, ma punteremo sulla forza e sulla potenza del teatro stesso.

GG: A proposito invece di come chiamare i giovani a teatro, diciamo che questo testo e le locandine del film omonimo hanno in primo piano l’esorcista… ma penso sia sbagliato. Sul manifesto dovrebbe esserci un’adolescente perché questo è il dramma di una ragazza. Il fulcro di tutto è un’adolescente e il rapporto con i genitori. I giovani possono quindi rispecchiarsi, specialmente in un tempo dove il divorzio è in continua crescita.

Com’è cambiata la paura negli anni? Quando è uscito il film la gente era più suscettibile verso certi argomenti rispetto a quanto non sia oggi?

AF: Non so come sia cambiata la paura, sto cercando di recuperare diversi horror come Profondo Rosso, Poltergeist e Lo Squalo. In Profondo Rosso ad esempio trovo inquietante la canzoncina…ma anche noi abbiamo la nostra! Io ho lasciato la versione originale americana e l’ho messa in un’altrove qualsiasi, anche un non-luogo. C’è una sottocultura di stampo anglosassone ma ho voluto qualcosa che appartenesse a noi, come una filastrocca. Quella è la chiave per entrare e scuotere le nostre paure. Ognuno ha sempre qualcosa sul quale trasferire le proprie paure, che sia uno squalo, il paranormale o un’invasione aliena. Non sentirsi sicuri fa paura.

Come ci si prepara invece a questi ruoli? Come si fa per far paura allo spettatore?

CC: Per quanto mi riguarda, il modo di portare questa paura sul palco è quello di ritrovarla. Non voglio provare a fare la bambina, cerco di sentire la paura nel mio passato e nella mia adolescenza. Ritrovando queste cose, posso poi passarle ad un pubblico. La vera preparazione è questa, un’analisi.

GG: Io mi sono informato molto dettagliatamente sulle procedure di esorcismo, ho cercato di vedere filmati dove Padre Amorth esorcizzava, ho visto molte scene di esorcismo francesi, spagnole ecc. Ho cercato di capire cosa può pensare un gesuita…ma la cosa essenziale è quella di essere un semplice sacerdote che fa un esorcismo. Ciò che si propone è come un documentario teatrale su un caso di esorcismo. Una ripresa dalla possessione dell’adolescente fino all’arrivo dell’esorcista e poi gli avvenimenti successivi come se fosse un fatto reale. Ce ne sono a migliaia ogni anno in Italia e questo è come se fosse uno dei tanti che accadono ogni giorno. Non ho cercato di fare quello cattivo.. quelli che fanno per davvero gli esorcismi sono dolci, sono sacerdoti autentici e di grande fede. Nel manuale per l’esorcista infatti si dice che devono essere puri.

AF: Hai visto come sono preparati gli attori? Ognuno nel proprio personaggio. Ma la visione dello spettacolo è laica, è una sacra rappresentazione ma non vogliamo dire “il demone esiste” o “il demone non esiste”. Chi verrà a vederlo trarrà le proprie conclusioni. Ma la domanda che voglio fare io a te è: Cosa ti fa paura quando vedi un film?

La paura secondo me è quello che non riusciamo a capire, magari in film che giocano sulla psicologia, come alcuni lavori di David Lynch.

AF: Quando guardi un film però sei a casa puoi togliere l’audio, infatti è il sonoro che dà vita alle immagini. Ma soprattutto sei al sicuro di casa tua e perciò fai quello che vuoi. Quando vai in un posto dove non puoi controllare l’audio e dove non puoi decidere tu di interrompere l’esperienza, li la paura riesce ad essere veramente libera.

Ringraziamo ancora il Teatro Nuovo, il cast ed il regista per la disponibilità e, di seguito, alcuni link utili:


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