Eman: al via il nuovo tour dopo lo stop della pandemia

Eman torna in tour dopo lo stop forzato della pandemia. Da Milano a Cosenza, il cantautore porta la sua musica cross-genere sui palchi di tutta Italia


Eman, all’anagrafe Emanuele Aceto, imbraccia la chitarra all’età di 11 anni e inizia a comporre i suoi primi brani. Avvia il suo progetto nel 2001 e, dopo anni di esplorazione sonora attraverso i generi più disparati – dal reggae al cantautorato italiano –, arriva al successo discografico con l’album Amen (2016), dal quale viene estratto un primo singolo omonimo che lo consacrerà nel panorama musicale italiano.

Il suo ultimo EP, Distratto, è uscito nel 2023; è stata l’occasione per l’artista di tornare a suonare dal vivo, dopo la cancellazione forzata del tour durante la pandemia e un periodo di stop dedicato alla propria vita familiare. Da Milano a Cosenza, Eman porterà la sua musica sui palchi d’Italia nel mese di gennaio; scopriamo di più sul suo progetto artistico in questa intervista.

Se dovessi descrivere Eman con una parola, che non sia per forza un aggettivo, quale sarebbe e perchè?

Questa è una bella domanda! Riflessivo, ti direi, forse anche troppo. Sono uno che pensa tanto, per ogni cosa che fa, anche se sono istintivo. Rifletto sempre sulle conseguenze di ogni mio gesto, dal più piccolo al più grande. Ovviamente ogni tanto sbaglio, non sono un perfezionista. Ironicamente sono uno di quelli che vincono le discussioni quando sono soli sotto la doccia, che poi ci pensano e dicono: “ah, avrei dovuto dire questo!”

Oggi inizia il tuo nuovo tour, sei carico?

Sì, carico ma anche un po’ ansioso, come è giusto che sia. Lo sono sempre almeno un po’, anche dopo mille anni, sia che siano piccoli palchi sia che siano più grandi. Questa è la copia di un tour che è saltato per il Covid e per una serie di motivi incredibili, e siamo riusciti solo adesso a portarlo in giro per l’Italia. Sono molto felice di tornare a suonare.

La riprogrammazione post pandemia fu complicatissima perchè c’erano tantissimi tour da programmare e le date erano difficili da trovare. Ci fu poi un cambio di agenzia, che è una cosa che complica sempre la situazione dal punto di vista burocratico. Poi sono diventato padre e dovevo fare una scelta: esserci o andare in giro. L’arrivo di mia figlia ha riequilibrato il tutto: sarebbe stato molto triste non poter portare la mia musica in tour solo per motivi burocratici!

Cosa dobbiamo aspettarci da questa serie di date?

Siamo belli carichi, poi come dicevo vengo con un carico emotivo bello grande e si riverserà tutto sul palco, in senso buono. In più faremo dei brani nuovi, cosa che formalmente non si dovrebbe fare, ma il mio pubblico è abituato ad aspettarsi qualcosa di inedito sul palco. La musica, secondo me, non è fatta per seguire un programma predefinito: inizia a starmi un po’ stretto il modo di agire secondo cui per Sanremo deve uscire il pezzo sanremese e per l’estate il tormentone.

Quando vieni dal vivo, poi, sei obbligato ad ascoltarmi. Non ascolti il brano nuovo perchè è finito per sbaglio in una playlist e non rischi di dargli scarsa attenzione. Portare un inedito dal vivo è un buon termometro per capire come il pubblico lo recepisce.

Qual è il brano che non può mai mancare nella setlist di un tuo live?

Penso Amen, e Il mio vizio credo perchè il pubblico è molto affezionato a loro. Amen è la connessione che si è creata tra me e la gente, in modo defintivo. Considera però che escludere i brani è un po’ come escludere dei figli, quindi non sai mai quale togliere.

Parliamo della tua musica: di te dici “Eman vive, scrive e canta, e tanto basta“. Come funziona il tuo processo di scrittura?

È esattamente quello. Per vivere intendo il fatto di vivere nel mondo, ascoltare gente, vedere persone. Vivere in toto ogni giorno, che poi oltre ai libri e altre cose che ti possono dare spunti, è quello che mi ispira. Il processo può svilupparsi in due modi: uno è più ispirato, quando mi capita di scrivere un brano in 20 minuti; l’altro è molto più tecnico. Per quanto la musica sia arte ci si deve applicare, le parole devono avere un determinato suono, si deve studiare per scrivere. Personalmente preferisco il modo ispirato, ma non è detto che sempre avvenga.

Il tuo primo vero album, Come aceto, è uscito nel 2009 ma non è disponibile sulle piattaforme, posso chiederti come mai?

È vero, non c’è. Erano altri tempi, ci sono anche brani che non sono mai usciti perchè erano un’altra forma. Non me ne sono mai preoccupato perchè Come aceto è totalmente autoprodotto – addirittura comprammo la macchina per stampare i CD per distribuirlo. Non avrebbe senso che fosse sulle piattaforme e mi piace che una parte della mia storia sia lì, che per averla vista si deve essere stati presenti in quel momento. Magari un giorno lo metterò su vinile, ma in fin dei conti era quello che era e il processo di costruzione del progetto vero è stato fatto dopo. Forse ci possono essere dei brani che avranno senso di esistere in una nuova forma, ma in alcune cose non mi rivedo quasi più.

Il tuo primo album ufficiale, invece, Amen, è uscito nel 2016, mentre il tuo ultimo EP, Distratto, lo scorso anno. Cosa è cambiato in Eman in più di dieci anni dall’inizio?

Quelli erano tempi un po’ particolari: iniziava ad esserci Internet, ma non era cruciale. Tra il 2009 e il 2016 ci sono brani che sono usciti in altri dischi autoprodotti che ancora una volta non sono finiti in rete. Nel 2016, dopo aver intuito che questo sarebbe potuto diventare il mio lavoro, ho capito cosa volevo da Eman. Prima era pura passione, ci pensavo ma non ci credevo. Nel 2012 ho pubblicato un brano, Insane, che è stato lo spartiacque. Inoltre fare musica giù non è come farla in Lombardia; il circuito lì è molto più chiuso e complicato, non si trovano le persone e ciò ha reso il processo più lungo e complicato.

Il processo che ha portato oggi ad essere Eman è una crescita e vorrei che le persone che mi ascoltano crescessero con me. Io non sono più quello di prima, non lo rinnego, ma sono altro rispetto a quella cosa lì. Il primo brano che ho pubblicato è Dammi da bere che è uscito nel 2005/6 e sono quasi ventanni, è naturale che si cambi.

Attraversi i generi con un’agilità strabiliante. Quali sono, in generale, le tue principali ispirazioni?

A livello musicale, da piccolo ascoltavo il cantautorato e il rock, poi da adolescente ho conosciuto hip hop, rap e reggae. Non ho mai trovato l’opportunità di dividere i genere; mi è sempre venuto spontaneo non farlo. Il problema di quando sono arrivato in Sony era il collocarmi in un genere; oggi fortunatamente non è così: se pensi all’urban, ti accorgi che spazia in vari generi. Per quanto mi riguarda, ho percepito che avrebbe funzionato non avere un genere.

Il fatto è che non credo proprio nei generi, li conosco, ma penso serva più ai giornalisti per avere un margine in cui muoversi. I Led Zeppelin stessi giocavano con sonorità che appartenevano ad altri mondi, anche il reggae – pensa a come suona D’yer Mak’er –, ma non si sono mai preoccupati di non essere rock. Se devo proprio scegliere un genere, però, ti direi che mi identifico nel cantautorato.

Nella tua carriera hai condiviso il palco con artisti importanti, hai suonato al Concertone del Primo Maggio nel 2019. Invece, un featuring che vorresti assolutamente fare e uno che, al contrario, non faresti mai?

Che non farei mai, probabilmente direi una bugia perchè lo dici quando poi l’occasione di farlo non ti capita. Forse Emanuele Filiberto e Pupo, oppure credo che non mi troverei con alcuni tipi di trapper perchè non avremmo le stesse affinità. Non so come combacerebbero le varie bitch, le collane e il resto; è tutt’altro con quello che devo dire io.

Partendo da questa paraculata, invece, ti dico che ce ne sono tanti con cui lo farei. Ci sono i grandi di un tempo, De Gregori tra gli altri, però è impossibile sceglierne uno. Tra i giovani, Tuttifenomeni; è interessante, mi piace, c’è stima artistica. Vale lo stesso per Venerus, ma comunque ce ne sono tanti che stimo e con i quali collaborerei. La non stima, poi, dipende dal fatto che piaccia o no quello che fanno, ma non giudico la loro musica perchè è la loro.

Quali sono i tuoi progetti futuri, oltre il tour?

C’è un album che stiamo finendo che come ogni album nuovo è l’album della maturità. Poi non sono uno che ama fare grandi piani perchè ho un po’ paura del futuro. Vado per piccoli passi.