In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo Muro, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Alessandro Rebesani in arte RBSN, artista romano dal sound internazionale, frutto delle influenze culturali legate ai luoghi che ha visitato e in cui ha vissuto.
Muro rispecchia questa anima multi-culturale, rappresentando un dialogo tra Alessandro che canta in inglese e Marco Castello le cui strofe sono scritte in siciliano.
Questo singolo arriva dopo due anni dall’uscita dell’album Stranger Days e rappresenta il primo tassello di un progetto che si svilupperà nei prossimi mesi.
Ciao Alessandro, tu sei stato già intervistato da Radio Bicocca (qui) quindi proviamo ad affrontare temi diversi. Come nasce il tuo percorso musicale?
Crescendo mi sono allontanato un po’ dalla mia radice. Sono stato molto influenzato dai miei genitori che mi hanno comunicato molta creatività. L’epifania che ho avuto da bambino nasce con il cinema e come è raccontata la musica nel cinema. Ci sono alcuni film in particolare che mi hanno influenzato come Almost Famous e School of Rock. In adolescenza poi ho scoperto Jeff Buckley, Jimi Hendrix e ho cominciato a scrivere delle cose, ispirandomi a loro. In generale l’ispirazione è continua, è sempre in evoluzione, ci si innamora sempre di qualcosa.
Tu sei cresciuto circondato anche dall’arte, hai mai pensato di intraprendere percorsi artistici differenti da quello musicale?
Si si, assolutamente. Mi appassiona molto tutto ciò che è visivo. In Stranger Days, ma in generale nei miei lavori, credo sia molto importante che ci sia comunque una trama visiva oltre che musicale. Diciamo che ci ho pensato ma non ho mai finalizzato questo pensiero, anche perché con la musica sono sempre molto felice. Con ODD Clique, che è la label che ha curato il release del singolo mi occupo di svariate cose.
Tu hai vissuto in tanti posti diversi, ma ad oggi cosa rappresenta per te Roma?
Adesso che sono più grande la vedo con occhi diversi. Diciamo che la città alla lunga non fa troppo bene soprattutto alla musica. Io ho vissuto all’estero ma ho scelto di tornare qui perché avevo una squadra che funzionava. Roma per me è un porta-gioie, ci sono molte cose e persone che hanno influenzato la mia musica e mi hanno permesso di costruire la mia poetica. Però ogni tanto mi sta stretta, per cui ho bisogno di allontanarmi, fare un giro e poi tornare.
Sicuramente ultimamente sento che qui si sta creando una scena musicale che si sta sempre più espandendo. Per cui negli ultimi due anni è diventato molto più stimolante, però devi saper dove andare.
Parliamo di “Muro”, come è stata costruita?
Non è stata costruita, era già lì. Nasce con un ritiro di RBSN come progetto, quindi con il supporto di Federico Romeo che suona la batteria in diversi lavori. Siamo andati a Scilla, un luogo fantastico, abbiamo allestito la casa a mo’ di studio. La presenza di Marco è stata una sorpresa, speravamo venisse ma non ne eravamo sicuri, però è stato molto importante. In quei giorni ero un po’ bloccato con lui e lavorare con lui, dividendoci anche un po’ le parti, ci ha portato a scrivere il brano con estrema facilità, nell’arco di cinque ore. Poi ovviamente registrarlo e ultimarlo ha richiesto un po’ più tempo.
Le strofe le abbiamo scritte separatamente, infatti se noti il brano è un botta e risposta tra me lui. La cosa interessante è che anche avendo lavorato separati abbiamo scritto sugli stessi argomenti e questo permette al brano di funzionare. L’abbiamo chiamato Muro ma in realtà il muro non c’è, anzi è stato un processo di scrittura molto sincero, naturale, senza pressioni.
E allora come mai il titolo Muro?
Perché nei versi di Marco sono presenti diversi modi di dire tipici siciliani e in un verso in particolare c’è il riferimento a “se parlo con te è come parlassi col muro” il modo di dire siciliano. Ci abbiamo pensato un po’ e abbiamo scelto Muro in riferimento anche al discorso di due lingue differenti che si incontrano. Io non avevo mai sentito l’unione di inglese e siciliano.
La scelta del siciliano è venuta in maniera spontanea?
Si, Marco ci gioca sempre ha scritto anche altri brani in siciliano. Soprattutto in questo caso, in cui si apre una finestra sui modi di dire che usa nel quotidiano, risultava facile e divertente. Poi il siciliano era la fonetica più presente nella casa nel periodo della scrittura, per cui quei suoni risultavano spontanei.
Tu invece scrivi in inglese perché ti risulta più naturale? Che rapporto hai con l’italiano?
Ho scritto qualcosina in italiano, ma mi sfugge sempre un po’, diciamo che ci riesco a lavorare meglio quando lavoro con gli altri. Con l’italiano resto più vago, mentre l’inglese mi permette di finalizzare meglio ciò che voglio raccontare.
Qual è la tua ispirazione principale quando scrivi?
Io tendo a scrivere quando sono innamorato, in senso generale, o arrabbiato. Diciamo alla base della scrittura di un brano c’è un sentimento forte, che riesci anche a ricostruire se non sta accadendo in quel momento della tua vita. Una cosa che funziona molto bene, soprattutto come stimolo, è scrivere collettivamente, Marco in questo senso è stato anche uno “strumento” per me. Dalla condivisione nasce sempre qualcosa.
Bisogna anche essere bravi a sperimentare, a cercare nella forma qualcosa che ti porti a costruire cose nuove. Nella fotografia si sfrutta la tecnica, nella musica usi il suono, anche per giocare con chi ti ascolta. Ciascun suono può far si che a seconda del tipo di musicista, arrivi un certo tipo di ispirazione.
L’altro giorno, giocando al computer ho trovato un campionamento di chitarra, molto evocativo, ci ho scritto su il testo e ora è diventato un pezzo che suoniamo in giro da diversi mesi e ne siamo molto contenti. Bisogna star attenti a tener sempre le orecchie aperte
Questo però sembra quasi un controsenso con il mercato musicale che invece ti chiede di sfornare musica in continuazione?
Diciamo che è proprio il mercato musicale che è un controsenso. Si alla base c’è questa contraddizione. Poi ci sono anche musicisti che fanno uscire dischi in continuazione tutti di grande qualità, penso ai Black Keys per esempio. C’è della gente tagliata per questi ritmi, il problema del mercato è che altra gente non lo è. Il punto è costruirsi un living che funziona e una pratica serena, non puoi passare il tuo tempo a pensare che vuoi essere Lady Gaga, per dire.
Qual è una canzone famosa che avresti voluto scrivere tu?
Forse, Runnin‘ dei Pharcyde che è un brano molto hip hop. Anche Lover, you should’ve come over, se l’avessi scritta io ne sarei molto felice
Nell’ultima intervista hai parlato anche molto delle tue letture, cosa consiglieresti oggi?
Sergio Sonni che ha scritto Meditazioni sullo scorpione, un libricino fantastico con uno stile molto prezioso, poi io sono anche dello scorpione quindi l’ho comprato mosso anche da quello. Ora sulla scrivania ho Anima di James Hillman e un libro che consiglio sempre è Il mito di Sisifo di Albert Camus.
Mi è stato regalato perché quando ho scritto Move, c’è un’ispirazione molto forte a questo mito e nel libro Sisifo rappresenta una metafora del lavoratore, quindi lo raccomando fortemente anche perché ha uno stile stupendo.
Prima di salutarti ti chiedo se puoi spoilerarci qualcosa?
Allora esce un singolo al mese fino a giugno. Il 5 aprile arriva il lato B di muro che si chiama Babanero ed è già possibile acquistarlo. Anche Babanero è stato scritto collettivamente e rappresenta un po’ il concetto di festa. A maggio esce This Life un brano molto speciale e a giugno esce un brano scritto con Emanuele Triglia.
Ho scritto anche un album ma stiamo cercando di capire quando cominciare a registralo. Sicuramente nei prossimi mesi passeremo anche per Milano
Noi ringraziamo Alessandro evi intiamo a seguire i suoi social per non perdervi nulla: