Alla scoperta di oZZo: fotografo, chitarrista, produttore ed ora anche Dj


oZZo

Ivano Tomba, in arte oZZo, fotografo di professione, entra nel mondo della musica a metà degli anni ’90. Suona, come chitarrista in alcune band punk-hardcore milanesi, ma dal 2018 decide di mettersi in proprio, creando il progettto oZZo. Da un anno ha iniziato a fare anche il dj, remixando alcuni suoi pezzi e collaborando con il famoso produttore italiano 7 Skyes.

Chi è oZZo?

Innanzitutto vorrei riassumessi brevemente le tappe della tua carriera, dal rock alla musica elettronica, e che spiegassi chi è Ivano, che cos’è oZZo e chi è oZZoDj.

Ivano mi chiama solo mia mamma quando combino qualcosa. Tutti mi conoscono come oZZo, anche professionalmente. La parola non ha un significato preciso. Risale comunque al mio periodo hardcore-punk quando tutti mi chiamavano Ozzo. Potrebbe essere una contrazione di Ivanozzo, ma non ne sono sicuro. Quello che è certo è che non è un riferimento a Ozzy Osbourne.  Ho iniziato con il punk-hardcore a sedici anni, a metà anni 90 in un gruppo che si chiamava PHP. Poi sono entrato nei Mellowtoy, prima da fotografo, poi da chitarrista, e infine negli Audrey. È qui che ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell’elettronica, sia intesa come musica “dance”, sia guardando ai Depeche Mode.

Sciolti gli Audrey, nel 2018 è nato l’embrione di quello che è poi diventato il progetto oZZo. Avevo tanta voglia di fare qualcosa di un po’ diverso, cosa che nel mondo rock non è così semplice. Volevo non dover più sottostare a determinate regole. Quando suoni per così tanto in un mondo poi diventi quasi schiavo dei suoi dogmi. Nasce così il progetto oZZo, che vede alla voce Alessio Corrado, già cantante dei Jellygoat, ed alla batteria Riccardo Ierardi, che suona con artisti pop italiani. Jacopo Festa, infine è stato co-produttore in studio insieme a me per quanto riguarda gli arrangiamenti. Le canzoni le scrivo interamente io: oZZo non vuole essere un one man project, ma allo stesso tempo è qualcosa che voglio sentire mio.

L’idea di fare i remix delle mie canzoni mi è venuta perché la ricerca di qualcosa di nuovo era fondamentale per avere gli stimoli giusti per andare avanti. Ora mi sto togliendo un sacco di soddisfazioni: facendo quello che voglio io, sto attirando un po’ di attenzioni. Tutto nasce da una sfida. Ho preso Change, la canzone più metal di #Pastislost, e l’ho completamente stravolto facendolo diventare un pezzo da Ibiza, qualcosa di veramente leggero. Ero stufo di croci ribaltate e fuochi, tutti stereotipi che mi volevo levare di dosso.

L’ho fatto e l’ho parcheggiato lì perché non avevo il coraggio di uscire con una cosa così lontana dal mio mondo. Poi ho remixato Crazy, una cover di Seal che è l’artista che accomunava i tre elementi della “band”, allontanandomi ancora di più dal mio genere in direzione di un mondo che a me piaceva, quello dell’elettronica. Contemporaneamente sono usciti As fast as you can, come colonna sonora dello spot di Edison Energia, e il remix di Crazy per Smilax Records, un’etichetta dance italiana. Ormai il danno l’avevo fatto e quindi ho pubblicato anche Change Remix ad aprile e Choices Remix, a giugno. A dicembre, infine, è uscita la mia prima commissione: un remix di Intoxicated dei Mouth Water, che ricorda molto i Meduza.

Questi tre remix sono molto diversi fra loro. Questo perché pensi di non aver ancora trovato il tuo stile o perché ti piace spaziare, consapevolmente, fra sound diversi?

Essendo un produttore rischio sulla mia pelle e non su quella degli altri. Quindi posso permettermi di spaziare, di uscire con un certo tipo di pezzo e la volta dopo fare qualcosa di completamente diverso. Nella mia musica tutto parte da una ricerca, non dalla vendita mera del prodotto. Adoro i Meduza, probabilmente da ignorante perché sono nuovo nella musica elettronica, quindi ho cercato di fare un remix in quella direzione. Sto avendo ragione perché alcuni dj piazzano il mio remix dopo Piece of Your Heart. Il non avere un’identità precisa non vuol dire non avere delle idee ben chiare. Sto cercando di capire cosa piace a me come gusto estetico musicale, però sto cercando di guardare anche al mercato: cosa chiede e perché. Questo non vuol dire che il mio prossimo pezzo sarà trap perché comunque ho dei gusti e voglio partire da quelli.

A proposito di trap, è chiaro che oggi, per un produttore, è il terreno più fertile. Non ci hai mai fatto neanche un pensierino?

Ti faccio un parallelo. Come grafico/fotografo a volte faccio dei lavori che mi fanno schifo ma mi fanno arrivare a fine mese. Se mi chiedessero di produrre un pezzo trap direi di sì e con i soldi guadagnati farei quello che piace a me. Sul lavoro non si sputa mai, è sacro. Non si deve parlare di integrità morale. Non siamo più negli anni ’70, adesso la musica è commercio. Il messaggio politico-sociale è lasciato a pochissime band. Quindi se qualcuno riconoscesse in me la capacità di produrre un disco trap e mi mettesse sul tavolo un bel gruzzoletto perché no.

La collaborazione con 7 Skies

Hai recentemente chiuso una collaborazione con Standalone Music: in che cosa è consistita e quale è stato il tuo ruolo?

Marta, il mio ufficio stampa, quando ha sentito il mio progetto un anno fa mi ha detto: “Devo assolutamente farti conoscere un mio amico, che se sente quello che fai impazzisce, perché lui produce i suoni”. Io ero nuovo nel settore e non sapevo neanche cosa volesse dire “fare i suoni”, ero abituato con la mia chitarra e i suoni li facevo live. Questo suo amico, David, produce i suoni per i dj più importanti al mondo, come Tiësto, KSHMR, Steve Aoki, la crème de la crème insomma. Si chiama 7 Skies ed è un “ingegnere del suono” allucinante. Mi ha chiesto di fare dei campioni di chitarre per il progetto Standalone Music, che è definibile come un consorzio di dj e produttori che utilizzano i suoni messi a disposizione.

Con mio grande stupore i rapporti si sono sempre più stretti, nonostante lui collabori con dj e produttori famosissimi. È nata un’amicizia, fondata su un rispetto reciproco. Lui mi “uccide” nelle parti elettroniche, cercando di farmi capire cosa va e cosa non va e io cerco di assecondare con senso critico. Ho ricevuto più aiuto da lui in un anno, che in dieci anni a suonare in band sconosciute che giocavano ad affossarsi fra loro.

Il genere della musica elettronica a che punto è in Italia rispetto a Sati Uniti ed al resto d’Europa?

In Italia dobbiamo snaturare la realtà di un qualunque genere, sbudellarlo, tirare fuori tutto quello che si può per renderlo commerciale, spremerlo fino a togliergli l’anima. Dopo di che si cambia. Prendi le mie parole con le pinze perché sono troppo nuovo in questo mondo per dare un giudizio. Però questa è una cosa che io sto notando anche con l’elettronica. La mia idea di elettronica è molto infantile: un palco grandissimo, in una città importante, italiana o estera, la gente sotto al palco a ballare, divertirsi e, soprattutto ascoltare proprio quel genere perché gli piace, per scelta. Mentre quando vado in alcuni club di musica elettronica in Italia, mi rendo conto che è totalmente contaminata da reggaeton. Non è quella la mia direzione.

In Italia poi, abbiamo un problema di mentalità musicale. Le stesse testate che recensivano gli album dei gruppi metal in cui ho suonato, non hanno neanche in nota il fatto che io abbia iniziato a produrre come dj e stia avendo un po’ più di riscontro. Anzi, quando metto i Linkin Park dentro un pezzo elettronico si grida allo scandalo. Negli Stati Uniti non è così. Perché Post Malone ha fatto un pezzo con Ozzy Osbourne? Perché i Fallout Boy hanno fatto un pezzo con Steve Aoki? Non si riesce a pensare che oZZo voglia portare il rock nel mondo dell’elettronica e che potrebbe nascerne qualcosa di positivo. Si pensa che io stia mischiando due generi perché non ho un’identità. Poi io non sono nessuno e sicuramente non cambierò il mondo, però c’è grossa differenza fra l’approccio italiano e quello straniero.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

A febbraio uscirà un trittico con un pezzo rock-elettronico degli oZZo, un mio remix del pezzo in stile Don Diablo con mastering e mixing di 7 Skyes, e il video, prodotto interamente da me. La mia sfida per questo nuovo anno è quella di portare su un palco quello che sto producendo da dj, suonato dal vivo. Sarà uno show alla Chainsmokers con un cantante, una batteria, e me stesso, che starò alla chitarra e al dj set. Alterneremo momenti di dj set puro a momenti di musica live, con una linea di continuità che dà un dj durante una serata. Infine sto lavorando su due progetti esteri sempre di performance live, in due parti del mondo completamente diverse, una ad est e una ad ovest. Però per scaramanzia non ti posso dire niente di più.

Ringraziamo oZZo per la disponibilità, di seguito alcuni link utili.

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