Il Grande Gioco: il mondo oscuro dietro il calciobyCorrado Borrello Intervista | COLOMBO: arte e letteratura in chiave popbySara Garnieri Tra cinema e videogiochi: cinque film da recuperare I film ispirati dal mondo dei videogame hanno spesso una cattiva reputazione. L’hype preuscita è altissimo e poche volte le aspettative vengono soddisfatte. Tuttavia, ci sono cinque film sui videogiochi che scommettiamo vi stupiranno. In streaming su Disney+,Free Guy – Eroe per giocoè un film che ha davvero qualcosa da dire sul mondo dei videogiochi. Guy (Ryan Reynolds) è un personaggio non giocante di Free City, una città o un videogioco, dipende dai punti di vista, in cui la cosa più normale che può accadere è che qualcuno dirotti un elicottero. Guy trascorre ogni giorno in modo uguale al precedente ed è pienamente soddisfatto della sua vita abitudinaria. Un giorno entra in possesso degli occhiali di un personaggio giocante, li indossa e gli si apre un mondo. Decide così di diventare l’eroe del gioco e lotta per salvare il videogame contro i creatori che vogliono spegnerlo per sempre. Free Guy – Eroe per giocousa un potente umorismo per creare unametafora tra mondo virtuale e mondo realein cui la presa di consapevolezza e di posizione è in grado di scatenare grandi cambiamenti. Non conoscete i Pokémon? Oppure ne siete grandi esperti? Questo film soddisfa tutti, contiene parecchie citazioni e un buon numero di riferimenti, ma è in grado di appassionare anche chi ha una conoscenza marginale del famosissimo videogioco giapponese. Nella città di Ryme City, Tim Goodman (Justice Smith) lavora nel campo delle assicurazioni. Un tempo sognava di diventare addestratore di Pokémon, ma, a causa di una difficile situazione familiare, ha perso la grinta. Suo padre, Harry Goodman, geniale investigatore privato, èmisteriosamente scomparso. Tim decide di indagare e si ritrova ad avere un curioso aiutante, il pokémon del padre, ovvero Detective Pikachu. I due seguendo gli indizi scoprono presto unpericoloso complotto. I Pokémon sono animati a regola d’arte, sembrano quasi reali, con occhi espressivi e pellicce di cui si riesce a vedere ogni singolo pelo. Nei videogiochi i Pokémon sono tutti uguali tra loro, nel film invece ogni “poket-monster” dimostracaratteristiche uniche.Lo stesso Pikachu di Harry non è un Pikachu tra tanti, ma la sua storia e il suo carattere lo rendono speciale. Il film, basato sull’omonimo bestseller diErnest Cline, è ambientato nel 2045. Il mondo sta per collassare, le persone vivono in baracche fatiscenti impilate le une sulle altre, ovunque vi è miseria. L’umanità si rifugia inOASIS, una realtà virtuale creata da James Halliday (Mark Rylance). Prima di morire, l’eccentrico programmatore dichiara che la sua eredità, ossia il controllo del gioco, andrà in mano a chi riuscirà a trovare l’easter egg nascostonel videogioco e a vincere tutte le sfide. Wade (Tye Sheridan) è da sempre un grande ammiratore di Halliday e decide di partecipare alla gara. Il film non condanna il bisogno umano di fuggire dalla realtà, dall’inquinamento, dalla povertà e dalla crisi. Anzi, il regista Steven Spielberg, comunica un’umanacomprensione per chi evade da un mondo privo di speranza. Ready Player Oneè un film nato per intrattenere, ma digrande attualità. Da un lato oggi si parla sempre più di metaverso, è possibile avere un visore per la realtà virtuale in casa e le aziende investono sempre più in queste tecnologie. Dall’altro lato purtroppo il nostro pianeta è a rischio a causa dell’inquinamento, la povertà sta aumentando e stiamo vivendo una crisi energetica. Quindi, siamo ancora così lontani da un mondo VR come quello descritto nel film? Scott Pilgrim vs. the Worldè una divertente commedia basata sulla serie di graphic novel di Bryan Lee O’Malley. Scott Pilgrim (Michael Cera), ventitreenne, è cresciuto con videogiochi a 8 bit e suona il basso in una band indie-rock. Quando incontra Ramona (Mary Elizabeth Winstead), newyorkese ribelle e bellissima, Scott se ne innamora. L’unico “piccolo” ostacolo alla loro relazione sono i suoisette ex: Scott li dovrà sconfiggere per conquistare il cuore della ragazza. Le battaglie tra Scott e ognuno degli ex di Ramona sono realizzate con unostile a metà tra il fumetto e il videogame. Le coreografie di queste scene sono irreali e poco seriose. Per esempio, quando, durante uno dei duelli, Scott viene colpito duramente con un calcio al petto, vola in aria, allontanandosi dalla videocamera, diventando sempre più piccolo, per poi schiantarsi a terra. Scott Pilgrim vs. the Worldè sicuramente unfilm eccentricoche non si allinea alle convenzionali strutture narrative, segue piuttosto una serie dilivelli di giocoin cui la parola d’ordine è comicità. Ispirato al film del 1995 diretto daJoe Johnston,Jumanji – Benvenuti nella giunglaracconta la storia di quattro liceali che, durante l’ora di punizione, trovano una cartuccia per console e decidono di giocarci. Quandoil videogiocoviene avviatoli risucchia al suo interno. Ognuno di loro assume le sembianze del personaggio che aveva scelto. Il nerd è diventato un muscoloso e alto archeologo (Dwayne Johnson), la ragazza anticonformista è nei panni di una spietata e sensuale killer (Karen Gillan), la reginetta del ballo si è trasformata in un cartografo di mezza età (Jack Black) e l’atleta è un simpatico zoologo (Kevin Hart). Per riuscire a uscire dal videogioco i protagonisti dovranno superare tutti i livelli senza perdere tutte le vite e riportare un gioiello incantato in cima a una montagna. Fa subito sorridere il contrasto tra i personaggi del videogame e i caratteri dei giocatori che sono dentro di loro. Questa bizzarra situazione porta anche a riflettere su come l’aspetto che abbiamo possa influenzare il nostro atteggiamento, rendendoci poco o eccessivamente sicuri e su come alla fine dei contila personalitàsia ciò checi rende noi stessi. Il film è divertente e ironico. Ripropone in chiave più moderna la pellicola anni ’90 senza perderne l’identità e rimanendovi fedele nello spirito. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostIl Grande Gioco: il mondo oscuro dietro il calciobyCorrado Borrello Next PostIntervista | COLOMBO: arte e letteratura in chiave popbySara Garnieri
Categoria: Cinema
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Il Grande Gioco: il mondo oscuro dietro il calcio
Sanremo 2023: ecco i cantanti che saliranno sul palco dell’AristonbyEnrica Barbieri Tra cinema e videogiochi: cinque film da recuperarebyBeatrice Grimoldi Il Grande Gioco: il mondo oscuro dietro il calcio Il Grande Giocoè il titolo della nuova serie presentata da Sky che comprende otto episodi da circa un’ora ciascuno. Attualmente sono disponibili i primi sei, ma venerdì 9 dicembre arriverà il gran finale della prima stagione. La serie in questione prova a mostrare, tramite una storia inventata, tutto il marcio dietro i celebri contratti plurimilionari dei calciatori. Il protagonista assoluto èCorso Manni, interpretato da Francesco Montanari. Si tratta di un procuratore sportivo sospeso per un presunto giro di calcioscommesse, in attesa di giudizio. La storia ruota attorno alla sua grandepassione che dedica al lavoroe che lo porterà a esercitare la professione tramite sotterfugi, violando naturalmente l’obbligo di fermo emanato dalla FIGC. Accanto a Corso vi è il ruolo fondamentale dellaISG, azienda di procura sportiva a gestione famigliare ma con vari azionisti esterni, con a capoDino Di Gregorio. L’intreccio proposto dalla serie che vi terrà incollati allo schermo? Corso Manni faceva parte della stessa azienda, prima che venisse scaricato per gli illeciti di cui è accusato. Dunque, lo sviluppo vede il protagonista scontrarsi con il suo passato in diverse occasioni, ma allo stesso tempo gestire la sua situazione particolare. In tutto questo deve provare a mantenere un nome all’interno del mondo dei procuratori e proverà a farlo con tutte le sue forze sfruttando al megliovecchi contatti. Giocherà un ruolo fondamentale la contrapposizione tra la concezione più pura del calcio, inteso come semplice sport, e la sua degenerazione in unbusiness crudeleche non ammette amici. Il focus che proponeIl Grande Giocoporta a un’importante riflessione che non si ferma alla finzione della serie. Il calciatore per molti può essere unprivilegiato, per altri un atleta da ammirare come unidolo. Ma cosa rappresenta per chi gestisce i suoi affari e cura la sua immagine? Nei vari episodi vengono presentate due storie. Due ragazzi profondamente diversi a primo impatto, ma molto simili per diverse ragioni. Si tratta diCarlos Quintana, fuoriclasse assoluto che ambisce a un posto sul podio del Pallone d’oro e diAntonio Lagioia, giovane promessa che asserisce di giocare a calcio solamente per il gusto di farlo e di non volersi mai piegare al dio denaro. Entrambi seguiranno un percorso di crescita, ovviamente di carattere differente, ma con la medesima finalità:scoprire e riscoprire l’essenza del loro sport. Le più grandi difficoltà emergeranno proprio al momento del confronto, a volte scontro, con i procuratori. L’idea di chi per lavoro deve trasformare il talento in denaro è stringere più accordi possibili con le aziende più disparate, tendendo ovviamente asnaturareil mestiere del calciatore. È facile comprendere come situazioni del genere creino una dicotomia interiore, nel disperato tentativo di capire effettivamente cosa sia giusto fare. Arrendersi a una vita agiata ma ottenuta comunque tramite i sacrifici o mantenere un ideale forte e concentrarsi unicamente sulle prestazioni in campo? Si tratta di quesiti molto interessanti a cui la serie non assicura una risposta, ma certamente garantisce unaprofonda immedesimazione. A volte si giudica troppo velocemente un trasferimento di un calciatore da una squadra all’altra, ignorando completamente il mondo di affari che c’è dietro. Uno degli obiettivi deIl Grande Giocoè quello di accentrare l’attenzione del pubblico sulfaticoso lavoro dei procuratori. Spesso il loro compito non si ferma alla diplomazia per ottenere vantaggi economici per l’assistito, ma arriva a un vero e proprioruolo di supporto psicologico. La crescita di un atleta si misura soprattutto dalla forza mentale e in molti casi non è facile per un ragazzo, magari anche molto giovane, essere capace di trovare la giusta serenità. Ecco allora che interviene il procuratore, pronto a toccare i giusti tasti, consapevole che un fallimento significherebbe per lui una grande perdita in termini economici. Dall’altra parte invece è opportuno considerare che il mondo del calcio èelitario, fatto di reti di conoscenze. Si tratta di un mare aperto in cui conta solamente ottenere risultati e se per farlo bisogna giocare sporco, non sarà di certo un problema. Da questa serie si può apprendere che la partita, ossia il prodotto finale, è solamentela punta dell’icebergdi un lavoro che parte da giochi nei piani alti. Una riflessione che ci fa comprendere come non tutto ciò che crediamo essere pura realtà lo sia davvero e che ci farà commentarecon parole diversele nuove notizie di calciomercato. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostSanremo 2023: ecco i cantanti che saliranno sul palco dell’AristonbyEnrica Barbieri Next PostTra cinema e videogiochi: cinque film da recuperarebyBeatrice Grimoldi
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Mercoledì, la serie Netflix sulla beniamina della famiglia Addams
Bones and All: un amore “fino all’osso”, ma si rimane…byAngela D’Addio Noir in Festival 2022: ritorna a Milano l’evento per gli…byAngela D’Addio Mercoledì, la serie Netflix sulla beniamina della famiglia Addams La serie Netflix, composta daotto episodi, ci trasporta nel fantastico regno gotico diMercoledì Addams. La protagonista è una ragazza adolescente che frequenta le superiori, sadica, cupa e allergica al colore. Nella cittadina diJericho, Mercoledì imparerà che il mondo non è solo bianco o nero, ma pieno di sfumature e che i sentimenti, l’affetto e l’amicizia non sono debolezze, ma punti di forza. Dopo aver punito un gruppo di bulletti che infastidivano il fratello Pugsley (Isaac Ordonez), Mercoledì Addams viene espulsa dalla scuola. I genitori decidono di iscriverla allaNevermore Academy, il collegio di Jericho, che accoglie ragazzi disadattati con poteri soprannaturali. La scuola è gestita da un’inquietante preside, Larissa Weems (Gwendoline Christie), che decide di mettere Mercoledì in stanza con Enid Sinclair (Emma Myers), una vivace ragazza licantropo. Mercoledì si dimostra sin da subito un’outsiderpoco incline ad adattarsi. Cerca di capire quale sia il suo posto nel mondo e rifiuta di omologarsi agli altri e forte della propria diversità, non le interessa l’opinione altrui. Nuova scuola, nuove amicizie e nuove relazioni: Mercoledì dapprima intende fuggire, ma alla fine rimane coinvolta in un’indagine con serial killer e mostri e decide di restare per risolvere il caso. Mano, inizialmente inviato da Morticia (Catherine Zeta Jones) e Gomez (Luis Guzmán) per controllare la loro pupilla, diventa molto più di un alleato, è un membro della famiglia, a cui Mercoledì è estremamente affezionata. Per mettere in scena Mano, Tim Burton e il team creativo hanno voluto un attore vero. L’interprete scelto è statoVictor Dorobantu, mago professionista e prestigiatore. Dorobantu trascorreva ore a prepararsi per ogni scena e durante le riprese indossava una tuta blu in modo tale che il team di effetti speciali potesse eliminare il corpo nella fase di post-produzione. Un altro personaggio fondamentale nella storia è l’affascinanteMorticia Addams, la madre di Mercoledì, con cui la giovane dalle trecce nere è in conflitto. Anche Morticia ha frequentato la Nevermore Academy da giovane. Reginetta del ballo, capitano della squadra di scherma e più volte vincitrice della coppa scolastica, Morticia ha reso la sua reputazione impareggiabile. Mercoledì si sente costantemente paragonata alla madre, come in una gara, in cui però sa di non poter vincere. Morticia tiene molto a sua figlia, dichiara che la sua assenza in casa è stata come una tortura. La madre cerca più volte di consigliare Mercoledì, soprattutto quando scopre che, come lei, la figlia ha delle visioni. Morticia capisce il bisogno della figlia di tracciare la sua strada, di scoprire se stessa, ma dice anche a Mercoledì che in caso avesse bisogno di lei la potrà trovare nellapalla di cristallo(il loro esclusivo mezzo di comunicazione). Mercoledì è sempre stata un personaggio iconico. Letrecce neree losguardo torvosono inconfondibili marchi di fabbrica che l’attriceJenna Ortegaha saputo far suoi in modo eccellente. Jenna Ortega ha raccontato di aver lavorato molto per entrare nel personaggio. Dal canottaggio al tiro con l’arco, ha imparato a suonare il violoncello e le basi della scherma e ha studiato il tedesco. La giovane attrice ha dimostrato la sua grande versatilità ed è stata in grado di catturare le complesse sfaccettature di Mercoledì Addams. Tim Burtonla descrive così: “È come un’attrice del cinema muto, nel senso che è in grado di esprimersi senza l’uso delle parole, e poterne vedere la vita interiore e le sottigliezze è stato molto emozionante.” La serie Netflix ha voluto valorizzare l’artenelle sue molte forme. Il sogno di Mercoledì è diventare unascrittrice. Il suo autore preferito? OvviamenteEdgar Allan Poe. Il famoso scrittore e poeta americano svolge un importante ruolo tematico nella serie. Tim Burton ha inserito alcuniriferimentiallo scrittore gotico; dal nome del ballo scolastico, il “Rave’N”, al nome della gara scolastica, la “Poe Cup”. Il corvo, simbolo dell’omonima celebre poesia di Poe, appare innumerevoli volte e Mercoledì stessa viene identificata come corvo per via del tipo di visioni che ha, cupe e molto intense. Vengono citate ancheAgatha Christie e Mary Shelley, autrice diFrankenstein, così come il celebre romanzoLo strano caso del dottor Jekill e mister Hydescritto daRobert Louis Stevenson. Xavier Thorpe, compagno di classe di Mercoledì, è l’artista maledetto. Non riesce a trovare la pace interiore e dipinge spingendo all’estremo i propri limiti. Passa la maggior parte del suo tempo solo, ossessionato da un unico soggetto. La sua arte attraversa numerosi stili, ma la cosa più particolare è che prende letteralmente vita, uscendo dalla tela e muovendosi. Mercoledì ha un’altra passione, oltre alla scrittura, ilvioloncello. Nel primo episodio della serie la pupilla Addams suona una versione strumentale diPaint It Black, celebre canzone dei Rolling Stones. Il testo originale della canzone si adatta perfettamente allo stato d’animo della nostra protagonista. Nei versi il cantante aveva immaginato la tristezza e la rabbia di un uomo che perde la persona amata e non vuole più colori nella sua vita. Vuole dipingere tutto di nero per mostrare il suo stato d’animo. Mercoledì, come l’uomo della canzone, vuole eliminare tutti i colori, per creare un ambiente adatto al suo carattere. Lei è la ragazza in bianco e nero e desidera un mondo come lei. La scena della serie che sta più spopolando online è quella delballo scolastico. Jenna Ortega ha creato da sola la coreografia, prendendo ispirazione da video di adolescenti goth che ballavano nei club negli anni Ottanta. Tra i vari passi vi è anche ilside shuffleche faceva la Mercoledì Addams della serie originale, interpretata da Lisa Lorning. La danza gotica di Mercoledì è un atto di libertà e di felicità in cui ognuno di noi può immedesimarsi. Mercoledì è un personaggio a cui non importa dei giudizi altrui e balla come se nessuno stesse guardando. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostBones and All: un amore “fino all’osso”, ma si rimane…byAngela D’Addio Next PostNoir in Festival 2022: ritorna a Milano l’evento per gli…byAngela D’Addio
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Bones and All: un amore “fino all’osso”, ma si rimane in superficie
Intervista | Troyamaki: la rottura di schemi e costumibyJacopo Vitelli Mercoledì, la serie Netflix sulla beniamina della famiglia AddamsbyBeatrice Grimoldi Bones and All: un amore “fino all’osso”, ma si rimane in superficie Il23 novembreè finalmente arrivato al cinemaBones and All, il nuovo film diLuca Guadagnino, vincitore delLeone d’argento a Veneziaper lamigliore regia. La prima opera statunitense del regista porta sugli schermi una storia di amore e carne sullo sfondo di un’America attraversataon the road, con protagonistiTaylor RusselleTimothée Chalamet. Il film avrà tenuto testa alle aspettative? Leggi il nostro articolo per scoprirlo. Bones and Allsi apre con una scena quasi da dramma adolescenziale.Maren, giovaneoutsider, cerca di inserirsi nella scuola in cui si è trasferita da poco e fare nuove amicizie. Dopo essere uscita di nascosto, si reca alla festa organizzata dalle sue compagne per una serata stereotipicamente femminile tra confidenze e ritocchi di smalto. Qui però l’atmosfera viene violentemente spezzata: ci viene rivelatoil segreto oscuro di Maren, che va ben oltre i disagi di una normale diciottenne. La ragazza infatti cova dentro di sé un terribileistinto cannibale, a cui talvolta non può fare a meno di cedere. L’incidente porta Maren e il padre a fuggire per iniziare da capo in una nuova città, così come è già avvenuto altre volte in passato. Questa sarà però l’ultima, poichéil padre sceglie di arrendersi e abbandonare la figlia, lasciandole solo il resoconto su nastro della sua storia e il suo certificato di nascita. Disturbata dalla sua natura ma ormai – anche – libera, Maren decide dunque dipartire alla ricerca della madre, che ha scoperto essere come lei. In questo viaggio attraverso l’Americaincontrerà alcuni suoi simili, reietti ai margini della società, ognuno col proprio schema morale per giustificare la fame. Tra questi c’è ancheLee, che diventerà il suo compagno di viaggio e attraverso cui esplorerà lapossibilità di vivere l’amore. Questo quindi il quesito al centro diBones and All:possono i mostri trovare la felicità? Il film cerca una risposta nei suoi centotrenta minuti, usandola figura del viaggioper mettere in contatto noi e i protagonisti caratterizzati da diverse sfumature e contraddizioni dell’animo umano. Lo scopo promette unanarrazione struggente,in cui immergersifino all’ossoe da cui uscire piacevolmente feriti. Purtroppo però, almeno nell’opinione di chi scrive,la pellicola non ha raggiunto l’obiettivo. Se consideriamoil cannibalismo come una metafora estremadi qualunque pulsione non conforme alle norme della società, le riflessioni cheBones and Allevoca sono molte. Si può costruire un codice morale per un comportamento intrinsecamente amorale? Si può convivere con tali istinti fino a confondersi con le persone normali?A quali condizioni si può ricevere amore se si nasce inamabili?Tutti questi nodi vengono toccati dal film, eppuremai abbastanza a fondoda far nascere nuovi punti di vista. Forse è proprio la densità degli elementi narrativi a imporre una certa superficialità (è il cosiddetto“troppo che stroppia”). Ancheil tono sembra cambiare troppo spessoregistroe sullo schermo romanticismo, body horror e dramma non sempre convivono felicemente. Il risultato è quindi una storia complessa e affascinante, ma dovesi fatica a provare empatiae a comprendere i cambiamenti deipersonaggi, chefiniscono per appiattirsifino a farci chiedere quale sia il loro senso. Meno fatti ma meglio sviscerati avrebbero forse aiutato a entrare di più nella storia e ad apprezzarne il messaggio. Alcuni elementi, tra cui leinterpretazioni ottimee lameravigliosa fotografia, rendonoBones and Allcomunque un buon prodotto, sebbene carente nel suo nucleo identitario. Grandi premesse dunque, ma la mancanza di coesione nel tenere insieme le ramificazioni del tema ha penalizzato molto l’opera, deludendo le aspettative. E tu hai vistoBones and All? Sei d’accordo con la nostra recensione? Scrivicelo nei commenti! Qui in fondo ti lasciamo il trailer. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostIntervista | Troyamaki: la rottura di schemi e costumibyJacopo Vitelli Next PostMercoledì, la serie Netflix sulla beniamina della famiglia AddamsbyBeatrice Grimoldi
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La vita di Munch al cinema
Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”byCorrado Borrello Musica da Guinness World RecordsbyIsaia Galli La vita di Munch al cinema Il7, 8e9 novembre 2022verrà distribuito inalcune saleildocufilmdedicato alla vita dell’artistaEdvard Munch. Il lungometraggio, intitolatoMunch. Amori, fantasmi e donne vampiro, è prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital. Inoltre, fa parte del progetto “La Grande Arte al Cinema” della stessa Nexo Digital. Tra i media partner troviamo Sky Arte, Radio Capital e MYmovies.it. Il soggetto del film è a cura di Michele Mally, che ha curato la sceneggiatura con Arianna Marelli. Nel docufilm siamo guidati dall’attriceIngrid Bolsø Berdalche, partendo dall’abitazione di Munch adÅsgårdstrand(Norvegia), legge una fiaba di tradizione norvegese a dei bambini. Da qui parte la narrazione della vita dell’artista, costellata da vari drammi: i problemi psichici, la perdita della madre e della sorella. Sebbene l’opera di MunchL’urlo,sia uno dei quadri più famosi della storia dell’arte, la maggior parte della sua produzione artistica resta ad oggi per lo più sconosciuta. Con l’obiettivo quindi di raccontare sia la vita che l’arte diMunch, il docufilm vuole portare luce su tutti gli aspetti che solitamente restano in ombra. Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore.L’arte è il sangue del nostro cuore. Gli ottantuno anni di vita di Munch (1863-1944) sono stati vissuti traKristiania(l’antico nome di Oslo),Berlinoe un soggiorno aParigi. Durante i suoi spostamenti ha potuto entrare in contatto con differenti artisti e subire l’influenza di mondi diversi, passando una vita da bohémien. Uno dei concetti principe dell’artedi Edvard è quello ditempo. Nelle sue opere il tempo è espresso in unequilibrio tra presente e passato, dove si possono incontrare entità ultraterrene come fantasmi e spiriti. Munch ha sempre provato a rappresentare l’animoumanoe leemozioniche lo governano, facendo uso di differenti tecniche artistiche e arrivando a creare centinaia di stampe, dipinti, ma anche lasciti scritti in numerosi taccuini ricchi di schizzi e annotazioni. Nel documentario vengono mostrati anche i paesaggi tipici del Nord Europa, a cui l’artista era molto affezionato, come ad esempio latenutaEkely, dove ha passato gli ultimi anni della sua esistenza insieme al suo cavallo Rousseau, i suoi cani e, talvolta, le modelle che ritraeva poi nelle sue opere. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostCome un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”byCorrado Borrello Next PostMusica da Guinness World RecordsbyIsaia Galli
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Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”
Il secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi La vita di Munch al cinemabySara Garnieri Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo” Dal 2 novembre è disponibile su Prime VideoCome un padre, un docufilm sulla carriera di uno degli allenatori italiani più iconici di sempre:Carlo Mazzone. Pochi trofei nel palmarès, ma tante esperienze di vita vissuta che lo hanno portato a essere definitol’allenatore dell’uomo. Il film si occupa di inquadrare prima di tutto il contesto in cui è sbocciato Carletto. Siamo nella Roma nel secondo dopoguerra. Famiglia umile, con un padre improntato al lavoro e che voleva insegnare il mestiere del meccanico al figlio e con una madre casalinga, che lo copriva quando andava a giocare a calcio con gli amici. Da calciatore divienebandiera dell’Ascoli, ma un infortunio alla tibia gli costa la carriera. Qui inizia la storia di un uomo che non conosce freni, un esempio assoluto ditenacia. Inizia ad allenare alla giovanissima età di 31 anni edesordisce in serie A a 37, divenendo ilpiù giovane tecnicoche il campionato abbia mai potuto conoscere. Tramite i racconti dei giocatori che ha allenato durante gli anni, si intuisce subito l’umanità, caratteristica fondamentale del suo modus operandi. Di allenatori fenomenali, con in bacheca i più prestigiosi trofei se ne conoscono molti. Allenatori capaci però di essere ricordati con una così grande stima pur avendo vinto poco si contano sulle dita di una mano. Dalle interviste diBaggio, Guardiola, Totti, Materazzie altri ex calciatori presenti nel film, si può ricostruire una “scheda tecnica” di Mazzone. Le peculiarità alla base del suo approccio al mondo del calcio sono due:cura dei rapportiemodernità. Carletto era capace di alzare il livello di tensione quando avvertiva eccessivo relax nello spogliatoio e l’indomani stemperare gli animi con una classica battuta in romanaccio. In campo esigeva il massimo dai suoi calciatori, perché per lui non erano solo atleti matanti piccoli figli. Infatti, esattamente come si trattano i figli, per lui i ragazzi erano tutti uguali, aldilà delle qualità. La delusione di una prestazione svogliata non si fermava al rettangolo di gioco, ma andava oltre e toccava la sfera personale. Infine, dal punto di vista tattico praticava ungioco concettualmente modernopersino per i tempi odierni, fatto di aggressività e pressing ad alti ritmi. Il mix di questi ingredienti, sapientemente descritto dal docufilm, lo ha portato ad entrare nel cuore di tutti. Chi lo conosce ama definirlo “allenatore dell’uomo” prima che del calciatore. Altri ancora lo riconosconocome un padre. Come un padreha permesso agli appassionati di calcio di fare un tuffo in un mondo che ormai non esiste più. Parliamo del mondo di Carletto, fatto direlazioni direttesenza intermediari, di rapporti capaci di estendersi oltre il lavoro e soprattutto di unlinguaggio crudoe poco elegante, ma efficace e che arriva dritto al cervello. È sempre più noto come il calcio stia andando verso una visione quasi strettamente aziendale, abbandonando lentamente tanti principi cardine. Un allenatore che ha bisogno di tempo per creare la ricetta vincente non può più esistere, semplicemente perché quel tempo non è concesso. Un uomo come Carlo Mazzone, che impersona princìpi come lacoerenza, difficilmente si sarebbe piegato ad un sistema cosìlontano dal campo da giocoe dunque probabilmente non saremmo qui a parlare della sua storia come un esempio. Alla luce di ciò, è davvero corretto spostare l’attenzione di uno sport verso il mero raggiungimento di obiettivi finanziari sacrificando storie di campo come questa? Per rispondere veramente a questa domanda occorre usare il cervello e fare una riflessione analizzando anche i vantaggi della nuova“industria calcio”, ma non prima di dare spazio al cuore edemozionarsi con questo film. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostIl secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi Next PostLa vita di Munch al cinemabySara Garnieri
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Il secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convince
Autumn Beat: il cuore va a tempo di musicabyAreeba Aksar Come un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”byCorrado Borrello Il secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convince Vi ricordate dei Blockbuster? Erano posti magici, negozi dove grazie a una tesserina plastificata potevi noleggiare cassette e dvd eportare il cinema a casa tua. La catena di negozi videonoleggio arrivò in Italia nel 1994 e chiuse il suo ultimo punto vendita nel bel paese nel 2012. Negli USAla storia di Blockbusterè durata un po’ di più. Due store hanno resistito fino al 2018 in Alaska, dove la copertura internet non eccelsa era di ostacolo allo streaming. Il negozio diBend(Oregon) si è aggiudicato il titolo di “ultimo Blockbuster sul pianeta terra”. Simbolo di un’era passata, è oggi un’attrazione turistica dove è possibile comprare gadget e fare un tuffo nostalgico negli anni ’90. La televisione digitale on demand e la diffusione di Netflix, inizialmente azienda che recapitava i dvd a domicilio e poi servizio di streaming, furono le cause principali delcrollo di Blockbuster. Il secondo fallimento di Blockbuster è arrivato invece con la nuova serie comedy targata Netflix. Prima di guardare la serie è necessario prendere coscienza del fatto che la cooperazione Blockbuster-Netflix è unparadosso. Infatti, anche se i protagonisti rischiano di perdere il lavoro a causa della diffusione dello streaming, Netflix non espone mai in modo critico il proprio ruolo, ma si limita a far dire a uno dei personaggi che “Internet fa schifo”. La serie mostra delleincongruenzecon la storia vera. Innanzitutto non ci troviamo a Bend, ma in una non meglio specificata città del Michigan e il negozio si trova all’interno di un centro commerciale. Questo apre la strada a un susseguirsi di scelte fantasiose che si distaccano dalla realtà e che puntano alla creazione di situazioni comiche. Dopo aver creatoSuperstoreeBrooklyn Nine-Nine, Vanessa Ramos tenta di portare l’umorismo daworkplace comedyanche inBlockbuster, ma purtroppo mancano battute sottili e personaggi memorabili. La serie non parla della storia dell’ultimo negozio di Blockbuster, come ci si aspetterebbe, ma ruota intorno allavita di Timmy Yoon(Randall Park). Il protagonista ha lavorato per Blockbuster sin dall’adolescenza e, dopo una telefonata in cui apprende la liquidazione dell’azienda, si trova a dover prendere le redini dell’ultimo negozio di Blockbuster al mondo. Tra Timmy e la sua dipendente Eliza Walker (Melissa Fumero) c’è un “non detto”. Timmy ha unacrushper lei dalle scuole superiori e ha finalmente deciso di dichiararsi, ma prima di averne l’occasione lei gli rivela che vuole tornare con l’ex marito. La squadra di Timmy prevede anche altri quattro simpatici dipendenti: Carlos (Tyler Alvarez), Hannah (Madeleine Arthur), Kayla (Kamaia Fairburn) e Connie (Olga Merediz). Ognuno di loro attraverserà una crescita personale grazie al rapporto diamiciziainstaurato con i colleghi. La serie sottolinea spesso l’importanza dellerelazioni umane. Ad esempio, viene mostrato come Timmy conosca bene i suoi clienti e sia in grado di consigliare il film più adatto ad ognuno di loro meglio di quanto farebbe un algoritmo. Blockbusterè una serie piacevole con uno stile un po’ antiquato. Ricorda le vecchie sitcom in cui è sufficiente qualche battuta per tenere compagnia mentre si stirano le lenzuola. Netflix purtroppo non è riuscita né a farci ridere per davvero né a rievocare il fascino nostalgico del noleggiare un film. Alla fine, ci tocca dire che la serienon ha l’energia giustaper celebrare la leggenda di Blockbuster. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostAutumn Beat: il cuore va a tempo di musicabyAreeba Aksar Next PostCome un padre: storia di un “allenatore dell’uomo”byCorrado Borrello
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Autumn Beat: il cuore va a tempo di musica
Tutto chiede salvezza: un viaggio in un mondo ignoratobyCorrado Borrello Il secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi Autumn Beat: il cuore va a tempo di musica Manca pochissimo al10 novembre, giorno in cui sarà disponibile suPrime VideoAutumn Beat. Si tratta del primo film diretto daAntonio Dikele Distefano. Per il suodebutto nel mondo dei lungometraggi, la pellicola è scritta in collaborazione conMassimo Vavassori. Autumn Beatracconta lastoria di due fratelli che amano la musica. Tito (Hamed Seydou) è lo scrittore, il ragazzo dietro le quinte che compone versi e lascia a Paco (Abby 6ix) il compito di esibirsi sul palco. Sembrano un duo infallibile, fatto per sfondare nelmondo del rap. Ma il mondo li aggredisce con i suoi ostacoli. Tra una complicazione e l’altra, osserviamo le loro vite srotolarsi lungo tre decenni. Il film vede la partecipazione di ospiti speciali qualiGuèPequeno,ErniaeSfera Ebbasta, grandi nomi della scena rap italiana. Il film è uninno alla musica. Ma snocciola anche la quotidianità di chi, come immigrato di seconda generazione, si ritrova a crescere nella caoticaMilano. Lo scrittore Dikele Distefano è sempre stato interessato a queste tematiche e, quando possibile, le ha sempre riportate nei suoi lavori. I suoi libri hanno come protagonisti giovani ragazzi di colore che tentano di farsi largo a gomitate in mezzo alla folla. È celebre il suo romanzoNon ho mai avuto la mia etàda cui è stata tratta la serie TV NetflixZero.L’autore è nato a Busto Arsizio, in provincia di Varese, da genitori angolani. Informazione, quest’ultima, che non ha mai smesso di sottolineare. I suoi lavori sono un connubio tra la sua esperienza personale e la voglia di farsi sentire come voce con ideali ed esigenze diverse. Autumn Beatè un film 100% italiano che parla di gioventù e degliscivolonidurante il percorso di crescita. Spesso, come spettatori, ci lamentiamo della mancanza di prodotti cinematografici non importati dall’estero. Per una volta non è così. Niente doppiaggi, possiamo sentire l’accento (o l’assenza di accento) degli attori e familiarizzare con un lavoro totalmentemadein Italycon personaggi che davvero rispecchiano quella che è la reale composizione della grande metropoli. A questo punto non resta altro che far partire il conto alla rovescia. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostTutto chiede salvezza: un viaggio in un mondo ignoratobyCorrado Borrello Next PostIl secondo fallimento di Blockbuster: la serie Netflix non convincebyBeatrice Grimoldi
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Tutto chiede salvezza: un viaggio in un mondo ignorato
Lavorare da studenti in BicoccabyIrene Lantano Autumn Beat: il cuore va a tempo di musicabyAreeba Aksar Tutto chiede salvezza: un viaggio in un mondo ignorato Dal 14 ottobre è disponibile su Netflix una nuova serie tv intitolataTutto chiede salvezza,tratta da un libro diDaniele Mencarelli(vincitore del premio Strega Giovani 2020). Un appuntamento assolutamente imperdibile per chi ama riflettere ed esplorare in un modo nuovo un tema fortemente sottovalutato: lasanità mentale. Neisette episodiche compongono la serie viene raccontato il viaggio diDaniele, un ragazzo romano che si è ritrovato ad affrontare unTSO(trattamento sanitario obbligatorio) all’interno di una struttura psichiatrica. Il motivo gli risulterà inizialmente ignoto, incapace di ricordare cosa avesse potuto fare la sera prima per svegliarsi in un letto legato. Il carico di emozioni arriverà quando il protagonista incomincerà a ricostruire il puzzle. Ciò darà avvio a un tour introspettivo alla ricerca proprio di unasalvezza apparentemente utopica. Il fulcro della trama si trova nel rapporto tra Daniele e gli altri ragazzi presenti nella struttura. Inizialmente, sentendosi nel posto sbagliato, si pone con un atteggiamento distaccato, di superiorità ma anche impaurito, arrivando a definire i suoi compagni come“un branco di pazzi”.La bravura del regista e, ancor prima, dello scrittore sta proprio nel far percepire lo sdegno dettato dai pregiudizi, quasi dimenticandosi del fatto che anche loro sono delle persone. La storia assumerà un connotato diverso nel momento in cui il protagonista terrà un atteggiamento di apertura, mescolandosi in un contesto che lo farà crescere come mai avrebbe pensato. Per il resto, questo è illinkper godervi questa piccola eccellenza italiana. Oltre a questa bellissima storia c’è un mondo da aprire e comprendere.“Non c’è via di fuga, affogo nella mia mente”è una delle frasi più suggestive pronunciate dal protagonista. Ciò che tengono a mostrare gli autori è la morsa in cui egli si trova chiuso e da cui non riesce a sottrarsi. La volontà è quella di aiutare a far comprendere la situazione psicologica precaria, di dare una spiegazione a tanti gesti apparentemente “folli” che in realtà hanno un loro perché. Malgrado inizialmente venga presentato uno scenario lugubre e senza via di scampo, la serie diventa un crescendo disperanzae di soluzioni.La poesiasarà la fune a cui aggrapparsi per risalire dal fondo. Sarà grazie a essa che Daniele ritroverà uno scopo di vita, il vero significato di “salvezza” che lo guiderà verso la guarigione. Dall’altra parte invece, la situazione di alcuni dei suoi fedelissimi compagni è ben diversa. Non tutti riusciranno a vedere la luce in fondo al tunnel e si dovranno arrendere ad una gabbia interna che il loro cervello ha creato. E così i“fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla stessa tempesta”si separeranno per sempre. Non è ovviamente casuale questa aderenza alla realtà, metafora di come una malattia psichiatrica si nutra ogni giorno di piccole debolezze, che a volte possono risultare fatali. Generalmente la società, in particolare quella italiana, ha sempre visto chi soffre di particolari disturbi psicologici come un soggetto dannoso e da evitare. Con l’avvento e la diffusione delle teorie psicoanalitiche diSigmund Freud, fortunatamente il mondo fece un passo in avanti, riuscendo a comprendere tanti lati della complessa mente umana. Ciò però non bastò per scardinare tremendi pregiudizi e, in Italia, si dovette aspettare addirittura il1978per la chiusura dei manicomi. La legge che lo permise fu anche criticata perché si percepiva il malato di mente come “irrecuperabile”,incapace di reintegrarsi nella comunità. Tra lotte ideologiche e interventi statali (come il recente bonus psicologo), la situazione del 2022 in Italia sembra stia lentamente cambiando. La pandemia ha aiutato a comprendere come chiunque possa aver bisogno di un supporto psicologico e checurarsi non significa essere “pazzi”. Un messaggio importante che dà questa serie è proprio quello che la salvezza può essere raggiunta, ma bisogna avere ilcoraggio di ammettere le proprie debolezze. La società di oggi ha bisogno di allontanarsi sempre di più dalle paure create dalle generazioni precedenti, rivolgendosi a specialisti anche per problemi psicologici. È doveroso combattere affinché oggi nessuno si senta inibito da preconcetti popolari e che, esattamente come curerebbe un male fisico, intervenga in tempo anche per uno mentale. È ora di battersi per la salvezza di tutti. La sanità mentale è un diritto e non deve essere sottovalutata. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostLavorare da studenti in BicoccabyIrene Lantano Next PostAutumn Beat: il cuore va a tempo di musicabyAreeba Aksar
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Boris 4: ritorna la serie satirica sul mondo della TV
Rihanna è ufficialmente tornata: ecco Lift Me UpbyIsaia Galli Boris 4: ritorna la serie satirica sul mondo della TV Il 26 ottobre è stata caricata suDisney+Boris 4. Dopo oltre dieci anni di silenzio, il 16 febbraio 2021 la piattaforma annuncia, durante una conferenza, unrevivaldella serie. Vediamo tornare quindi l’amato cast, migrato dall’ecosistema delle reti televisive a quello delle piattaforme digitali. Oltre all’entusiasmo dei fan, la notizia ha suscitato anche un certoscetticismo, per paura di ritrovarsi un prodotto invecchiato male. Saranno stati timori fondati? La visione diBoris 4ci risolve ogni dubbio. InBoris 4ritroviamo il cast al completo – eccetto Roberta Fiorentini (Itala nella serie), tristemente dipartita – mail setting cambia. Non siamo più alle prese con la fiction televisivaGli occhi del cuore, bensì con una serie sulla vita di Gesù per una potente Piattaforma. Anche i personaggi sono rinfrescati da alcune novità:Stanis(Pietro Sermonti) eCorinna(Carolina Crescentini) sono ufficialmente sposati e hanno avviato una carriera da attori-produttori, mentreAlessandro(Alessandro Tiberi) è passato da stagista-schiavo a responsabile per la Piattaforma stessa. La troupe, capeggiata da unRené Ferrettipiù in forma che mai, si ritrova ad affrontare la produzione moderna di un prodotto audiovisivo. Cresciuti a pressappochismo e fiction italiana, dovranno tutti fronteggiare concetti astrusi come algoritmo,high concept ideaseinclusivity. In questoscontro generazionalerimane comunque ben distinta la personalità esuberante dei protagonisti, che trovano ancora una volta un modo (molto italiano) per aggirare il sistema. Borisha creato intorno a sé unacommunity di affezionatiche non si è spenta negli anni, anzi ha continuato a crescere e rinnovarsi. Per chi era in astinenza dall’umorismo irriverentee dallecatchphraseiconiche, questa nuova stagione è stata di certo una piacevole dose consolatoria.Boris 4ha il pregio di aver giocato bene tra vecchio e nuovo: da una parte, riporta sullo schermo personaggi e situazioni a cui siamo affezionati, senza stravolgimenti; dall’altra, li inserisce in un contesto fresco e contemporaneo, con cui ci interfacciamo tutti i giorni. L’ironia che attraversa la stagione sta proprio nel contrasto tra un gruppo di professionisti “vecchia scuola” e il mondo iperfunzionale dello streaming e del digitale. Ma il nuovo non scappa dalla lente critica, che ne risalta anche le contraddizioni e la tossicità della sua cultura. Alla fine della serie il grande capolavoro finale nascerà proprio dallo scontro e dall’incontro tra gli estremi, forse indicando una via per il futuro del cinema e della TV in Italia e nel mondo. Ricordiamo inBoris 4anche il commovente omaggio aMattia Torre, sceneggiatore delle prime tre stagioni insieme a Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico. Dei tre personaggi sceneggiatori della serie, versione parodistica degli sceneggiatori reali, uno di loro compare come fantasma, visibile solo agli altri due colleghi. La scomparsa di Torre nel 2019 ha segnato una profonda ferita nel cast di Boris e da qui la volontà di tenerlo in vita nelle nuove puntate attraverso il suo alter ego. Boris 4, pur non essendo il capitolo più meritevole, ha saputo mantenere vivo il suospirito sagace e autoironico, riassumibile perfettamente proprio da una battuta dello sceneggiatore-fantasma. “Ma guarda, te dirò. Non è male: è pieno di quarte stagioni” Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostRihanna è ufficialmente tornata: ecco Lift Me UpbyIsaia Galli Next PostBi UP | clauscalmobySara Garnieri