Intervista | La bancarella dei libri usati di Gennaro MargiottabyAreeba Aksar Geolier feat. Lazza – CHIAGNE (prod. by Takagi & Ketra)byJacopo Vitelli Wanna Marchi, una “regina” tra Netflix e realtà Lo scorso 21 settembre la piattaforma di streamingNetflixha pubblicato unarivoluzionaria docuseriesu uno dei personaggi più controversi della televisione italiana:Wanna Marchi. Zero filtri, zero tagli, solo verità scomode e ricostruzioni ufficiali prese dalle indagini della Guardia di finanza. Il fattore aggiunto? Le testimonianze della stessa protagonista, che immergono lo spettatore nei meccanismi del diabolico ingranaggio della “truffa delle truffe”. Definita dalla società italiana degli anni ’80“la regina delle televendite”, Wanna Marchi è forse il primo prototipo di influencer che il nostro paese abbia potuto conoscere. Nata come semplice venditrice, si fece notare alla fine degli anni ’70 per le sue spiccate capacità di indurre le persone ad acquistare prodotti che, come direbbe lei stessa “non sapevano di aver bisogno”. La grande opportunità arrivò quando le venne proposto di firmare il primo contratto in televisione, ovviamente con il compito di rendere ancora più proficue le televendite, già comunque molto di moda in quel periodo. In poco tempo bruciò ogni tipo di concorrenza, piazzandosi settimana dopo settimana alprimo posto delle classifiche dei migliori venditori. Iniziò così il breve, ma estremamente incisivo, trono della regina italiana, costruito a discapito del portafoglio di spettatori ancora poco abituati al mondo delle truffe. Per salvaguardare la curiosità di chi non conosce la storia, ci limiteremo a spiegare brevemente la base della truffa ideata, senza cadere in fastidiosi spoiler. Fondamentalmente l’obiettivo di Wanna Marchi e della sua amata e fedelissima figlia Stefania Nobile era divendere speciali rimedidi un presunto maestro di vita. Si tratta diMario Pacheco do Nascimento, ovviamente complice delle truffatrici. Tramite lo spazio a disposizione in tv spiegava una parte delle procedure che avrebbero potuto cambiare la vita degli italiani, concedendo l’imperdibile opportunità di chiamare al numero in sovraimpressione e, a seguito di un importante versamento di denaro, ottenere tutti i benefici. La particolarità della serie sta nella scelta di aver chiamato a partecipare le stesse protagoniste, le quali si sono concesse a una lunga intervista. Ciò che salta subito all’occhio è l’aggressività e la convinzione con cui Wanna Marchi ha deciso di raccontare e far rivivere le parti salienti della sua storia da truffatrice, rimanendo saldamente incollata alle proprie posizioni. L’ossessione del potere, quella di primeggiare e la ricerca dell’onnipotenza fanno solamente da sfondo in un flusso di coscienza che tuttora cerca di convincere lo spettatore della “genuinità” delle sue azioni. Nella mente contorta della “regina delle televendite” ci sarà sempre la colpevolizzazione di chi si è effettivamente fidato dei suoi discutibili metodi sovrannaturali per affrontare i momenti negativi della vita, lasciandosi persino andare ad insulti pesanti nei confronti delle vittime. L’ennesimo tentativo, alla veneranda età di 80 anni, di vendere qualcosa che non esiste:la sua innocenza. La docuserie Netflix è riuscita a far rivivere il periodo d’oro delle televendite, facendo riaffiorare anche qualche ricordo. Un’Italia attirata dalla novità, un po’ credulona e anche disperata è quella descritta neiquattro episodiche raccontano le vicende. Infatti, come suggerisce la stessa Marchi nell’intervista, non esiste italiano a quel tempo che non avesse acquistato un prodotto pubblicizzato da lei. Ma come si sarebbe comportata unaWanna Marchi nell’Italia di oggi?Anche il “mestiere” del truffatore ha cambiato connotati con la digitalizzazione, allontanandosi dai tentativi di persuasione verbale e favorendo invece tecniche più sofisticate.La Polizia di Stato stima addirittura una perdita annua pro capite di oltre duemila eurocausata dai numerosi metodi fraudolenti. L’armamentario ad oggi adoperato va da email contenenti particolari virus in grado di attaccare PC, a messaggi che si spacciano per banche chiedendo dati sensibili. Certamente mettere a disposizione una così grande quantità di mezzi alla “regina delle televendite” avrebbe potuto essere catastrofico… Il mondo delle televendite, soprattutto quelle finalizzate a ingannare il prossimo, è ormai praticamente tramontato grazie a due motivi principali. Il primo è sicuramente ilprezioso intervento delle autorità competentima dall’altra parte è doveroso riconoscere ilruolo fondamentale del “mondo social”. La cosiddettagenerazione Zè statisticamente meno soggetta a cadere in una truffa e ciò è dovuto al vantaggio di essere costantemente connessi e aggiornati. La vera strada per combattere chi vuole arricchirsi indebitamente sulle spalle degli altri è lacollaborazione, ma soprattutto ilcoraggiodi ammettere di essere stato vittima di un sistema criminale. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Alessandro Pitaroha detto:27/10/2022 alle 19:09Gran bell’articolo che si presta ad una piacevole lettura. Complimenti!Rispondi Gran bell’articolo che si presta ad una piacevole lettura. Complimenti! Previous PostIntervista | La bancarella dei libri usati di Gennaro MargiottabyAreeba Aksar Next PostGeolier feat. Lazza – CHIAGNE (prod. by Takagi & Ketra)byJacopo Vitelli
Categoria: Cinema
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L’età d’oro delle serie true crime, tra fan e polemiche
Albicocche al miele: la verità è che siamo tutti universitari…byAreeba Aksar TOP: un tutor come un fratello maggiorebyBeatrice Grimoldi L’età d’oro delle serie true crime, tra fan e polemiche Le serietrue crimesono senza dubbio il pezzo forte su cui autori e case di produzione stanno puntando. A titolo esemplificativo, esce il20 ottobre, su Netflix,Vatican Girl, la nuova docuserie sulla scomparsa negli anni ’80 della giovane Elena Orlandi. La serie presenta nuove interviste e testimoni e tenta di aprire un’altra strada per riportare a galla la verità. Il generetrue crimesta dunque riscuotendo un enorme successo in diverse forme, dai documentari più classici fino ai podcast e ai canali Youtube. Sempre Netflix sta ancora godendo del successo diDahmer, la serie sul celebre cannibale del Milwaukee, che ha raccolto ben300 milioni di spettatori Ma da dove deriva il successo delle serie true crime? E soprattutto, quali dilemmi etici accompagnano la messa in scena di queste storie? Sarebbe semplice dichiarare ilfenomeno true crimeun prodotto alimentato solo dagli amanti dell’horror e del thriller. In realtà incontra unpubblico ben più vasto e variegato. Il fascino per la cronaca oscura sicuramente non è una novità: sono questi icasi che trovano più spazio nei mediae sono anche quelli che si estendono più a lungo nel tempo con continui approfondimenti e nuove dichiarazioni. In particolare, la TV generalista ha contribuito a trasformare i fatti più disturbanti in spettacoli senza fine, sempre riaccesi da nuove ipotesi, opinioni e indizi. Spesso i programmi stessi – pensiamo aChi l’ha visto?– portano avantiindagini parallele a quelle ufficiali, anche con l’aiuto dei telespettatori da casa. Se i media tradizionali hanno allenato la nostra attenzione agli svolgimenti delle storie true crime, le nuove piattaforme hanno completato l’opera sfornandoprodotti che raccontano il caso nel suo insieme, mettendo ordine al discorso pubblico. Tra i più famosi abbiamoMaking a Murderer, sulla storia diSteve Avery, scagionato dopo diciotto anni di carcere per un crimine che non aveva commesso;Amanda Knox,sul delitto di Perugia che risucchiò l’attenzione pubblica italiana e internazionale; e infineVeleno, nato dal libro-inchiesta di Pablo Trincia e trasformato prima in podcast e poi in docuserie. Oltre a puntare sulla fama di casi ad alto impatto, le serie true crime utilizzano imeccanismi narrativi dellafictionper aumentare al massimo il coinvolgimento. La narrazione a episodi, i flashback, l’assenza di una voce narrante onnisciente (per citarne alcuni),rendono sfumato il confine tra realtà e finzionee collocano gli spettatori in una posizione privilegiata, che sia la mente dell’assassino o il cuore infranto delle famiglie delle vittime. Se il true crimeconta un gran numero di appassionati, è anche vero che spessonascono polemicheintorno alle nuove uscite. Tornando alla serie su Jeffrey Dahmer, le famiglie delle vittimehanno espresso a gran voce la loro rabbia, accusando la produzione dinon aver raccontato i fatti in maniera veritierae dinon averli mai contattatiprima dell’uscita della serie per coinvolgerli nel processo. Su Twitter, Eric Perry, cugina della vittima Errol Lindsey, ha definito la serie “ritraumatizzante” per la sua famiglia, esprimendo il suo scetticismo per la necessità di continuare a creare nuovi prodotti sul caso. I’m not telling anyone what to watch, I know true crime media is huge rn, but if you’re actually curious about the victims, my family (the Isbell’s) are pissed about this show. It’s retraumatizing over and over again, and for what? How many movies/shows/documentaries do we need?https://t.co/CRQjXWAvjx Il dissenso riguarda ilrischio di spettacolarizzazione del doloredelle famiglie, trasformato in strumento di coinvolgimento emotivo a beneficio delle aziende dell’intrattenimento. La domanda è la seguente:è giusto riesumare assassini e vittime per creare uno show su cui fare profitto?Sicuramente le serie possono essere potenti mezzi per mantenere viva la memoria dei fatti, ma dove si traccia il limite tra cronaca e merotrend? Non ci sono risposte preconfezionate per risolvere il problema. L’importante è dare ascolto alle voci contrastanti, soprattutto quando appartengono a chi ha vissuto l’orrore e l’angoscia dei casi sulla propria pelle. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostAlbicocche al miele: la verità è che siamo tutti universitari…byAreeba Aksar Next PostTOP: un tutor come un fratello maggiorebyBeatrice Grimoldi
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Come andare al cinema quando si è poveri
Un autunno d’arte a MilanobySara Garnieri Come andare al cinema quando si è poveri L’estate è ufficialmente finita e ormai da un po’ di giorni il freddo è arrivato a Milano. Come sempre però le cose da fare non mancano mai e dopo avervi consigliato lemostre autunnali, vogliamo darvi qualche consiglio per sfruttare sconti, promozioni ed eventi per il cinema. La mia prima proposta è ilCinevan, un progetto nato per portare il cinema nelle piazze. I tre fondatori Elia, Luca e Alessandro girano Milano con il loro van dando la possibilità alle persone di godere di un buon film sotto le stelle in modo gratuito. Per comodità ricordate di portarvi un telo o un cuscino e preparatevi a trascorrere una serata diversa da solito. Purtroppo con l’arrivo dell’inverno sarà più difficile continuare questi eventi. Ma vi consiglio di seguire la loro paginaInstagramin modo da essere aggiornati sui loro eventi futuri. Come seconda proposta per guardare un film sotto le stelle c’è quella delCinemino,uno spazio ibrido nato per valorizzare il mondo cinematografico. In collaborazione con il Comune di Milano propongono cinque serata di cinema all’aperto inpiazza Sant’Angelo. L’evento è iniziato il 10 ottobre e si concluderà il 14 ottobre, quindi siete ancora in tempo per le ultime serate. L’ingresso è gratuito ma è necessario il tesseramento. Per saperne di più cliccatequi. Un altro modo per andare al cinema a prezzi calmierati è la proposta delcinema Anteo. Il progetto RiVediamoli propone film di successo a soli 3 euro. Questo è un buon modo per recuperare dei film che vi siete persi o per rivedere quelli che vi sono piaciuti, perché diciamocelo sul grande schermo fanno tutto un altro effetto. I giorni in cui potrete trovare questa offerta sono il lunedì presso Ariosto Anteo spazioCinema, il martedì ad Anteo Palazzo Cinema e il mercoledì presso City Life Anteo. Per saperne di più trovate tutte le informazioni sul lorosito. Vi ricordo inoltre che per chi ha tra i 18 e i 35 anni è possibile ottenere laCarta Giovani Nazionale, grazie alla quale tra i vari sconti c’è anche quello per i cinema UCI, pagando il biglietto solo 6 euro. Inoltre esistono diverse tessere e abbonamenti che permettono di vedere film a prezzi scontati, soprattutto per studenti. Ogni cinema propone agevolazioni differenti quindi vi consiglio di cercare sul sito dei cinema presenti nel vostro quartiere. Un’offerta che in pochi conoscono è invece quella dellaCarta Esselunga. Con una tesseraEsselunga Fidatypotrete ottenere un prezzo ridotto sull’ingresso al cinema il martedì. Se siete studenti universitari con orari flessibili, è giusto ricordarvi che nella maggior parte dei cinema le proiezioni in orari meno affollati, come la mattina o il pomeriggio presto tendono ad avere un prezzo inferiore rispetto agli orari serali. Mentre ricordo a coloro che hanno compiuto recentemente diciott’anni che con ilBonus 18appè possibile pagare anche i biglietti del cinema, oltre a numerose altre attività culturali. Conoscete altre offerte per andare al cinema? Fatecele sapere qui sotto nei commenti. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostUn autunno d’arte a MilanobySara Garnieri
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Festival di Venezia: i migliori film da vedere quest’anno
Live Report | Il sold out di Frah Quintale al…byIrene Lantano Live Report | Affrontare settembre con i Fine Before You…byEnrica Barbieri Festival di Venezia: i migliori film da vedere quest’anno Quali sono imigliori film del Festival di Venezia da vederequest’anno? Con la cerimonia finale tenutasi sabato 10 settembre, si è conclusa lasettantanovesima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia. L’evento è tornato in pieno al suo splendore pre-Covid e ha come sempre attirato i riflettori di tutto il mondo sui divi e i cineasti presenti. Adesso però è il momento di fare il punto della situazione e, per chi non li ha già visti in anteprima, conoscere i principali film di questa edizione. Ecco quindi unelenco di titoli cinematografici da recuperare. Fra i migliori film del Festival di Venezia da vedere, non può mancare ilvincitore del Leone d’oro. All the Beauty and the Bloodshedè un documentario che ritrae la vita e la carriera della fotografa statunitenseNan Goldin. La donna è conosciuta per essere stata la protagonista dellalotta politica contro i Sackler, per il ruolo svolto dalla casa farmaceutica di proprietà della famiglia nell’ondata di overdose da farmaco negli USA. Il lungometraggio della Poitras unisce gli aspetti più intimi del vissuto dell’artista, le azioni politiche del gruppo P.A.I.N (fondato da Goldin stess per indurre le istituzioni artistiche a rifiutare i finanziamenti dei Sackler) e le sue storiche opere artistiche, comeBallad of Sexual Dependency. Data di uscita: 2022(non è ancora noto quando) I fan diTimothée Chalametsaranno entusiasti di ritrovarlo coprotagonista nel nuovo film diLuca Guadagnino, con cui aveva già lavorato per il celebreCall Me by Your Name.Bones and All, vincitore del Leone d’argento per la migliore regia, segue la singolare storia d’amore traMaren(Taylor Russell) eLee,due giovani reiettidagli impulsi cannibali che tentano di sopravvivere ai margini della società. Lasottotrama gorepotrebbe non essere adatta agli stomaci più sensibili, ma allo stesso tempo è difficile non commuoversi per la complessità dei due personaggi, in lotta contro il desiderio, il senso di colpa e la fame di libertà. Per dirla con le parole di Guadagnino,Bones and Allci insegna che in fondoal mondo “esiste un posto per i mostri”. Ad aggiudicarsi il Premio per lamiglior sceneggiaturaè invece Martin McDonagh e il suoGli spiriti dell’isola, con protagonisti Colin Farrell (vincitore della Coppa Volpi per il migliore attore) e Brendan Gleeson. Il film è ambientato in una suggestiva isola della costa occidentale dell’Irlanda, abitata da una comunità rigida e conservatrice, mentre sulla terraferma si combatte la guerra civile irlandese. Al centro abbiamo larottura unilaterale della storica amicizia tra Padraic e Colm. La confusione e la rabbia di Padraic per la perdita dell’amico sfociano in un terribile ultimatum, che risulterà infine in una sanguinosa rappresaglia. Un film che ci parla di un mondo amaro, di uomini duri e rancorosi, ma che ci confessa anche la forza primordiale della paura della solitudine. Ispirato ad una storia vera,Saint Omerci racconta il processo aLaurence Coly(Guslagie Malanda), accusata di aver ucciso la figlia neonata abbandonandola su una spiaggia francese all’arrivo dell’alta marea. Nel tribunale di Saint Omer, ad assistere c’è anche lagiovane scrittrice Rama(Kayije Kagame), le cui certezze verranno però scosse dalle testimonianze sull’accusata e la cui capacità di giudizio finirà per essere offuscata. In un racconto che vuole rivisitare ilmito greco di Medea,Saint Omersupera la dicotomia ragione/torto per allargare il discorso al tema ambiguo e sfaccettato della maternità, legato inevitabilmente a quello del femminile. Il film è stato premiato con ilLeone d’argento – Gran Premio della Giuria. Il signore delle formicheripercorre le vicende reali dell’intellettualeAldo Braibanti(Luigi Lo Cascio), protagonista del “Caso Braibanti”, primo e unico nella storia giudiziaria italiana in cui un cittadino è stato arrestato con l’accusa di plagio, misura penale di epoca fascista. Aldo viene cioè ritenuto responsabile di aver sottomesso con la forza alla propria volontà due giovani, tra cui Enzo, suo compagno, con cui conviveva. A prendere a cuore il caso c’è un giornalista deL’Unità, che ritiene che ireali motivi dell’accusasiano riconducibili alleidee marxistee soprattutto all’omosessualitàdi Braibanti. Questo film non solo rende onore a un’importante figura culturale italiana, ma riporta alla memoria una vicenda poco conosciuta nella storia del nostro Paese, tutt’oggi fondamentale per riflettere sull’attualità. Darren Aronofsky torna conThe Whale, basato sull’omonimapièceteatrale diSamuel D. Hunter. Il film parla di un insegnante inglese gravemente obeso (Brendan Fraser), rinchiuso nell’immobile solitudine della sua casa, che cerca di utilizzare i suoi ultimi giorni per ristabilire un rapporto con la figlia adolescente Ellie (Sadie Sink). Il protagonista è un uomo caduto ormai in un oscurovortice distruttivo, emotivamente e fisicamente danneggiato e sconnesso dai suoi cari, ma comunque intrinsecamente buono e in cerca di un’estremaredenzione.L’amoreper il prossimo, ultimo baluardo da custodire,è il tema portantedi questo dramma profondamente commovente. ConGli orsi non esistono,Jafar Panahicontinua la sua battaglia per la libertà d’espressione superando i confini fisici della reclusione. Ilregista iranianoè infatti stato arrestato nel 2010 con l’accusa di propaganda contro il governoe condannato a sei anni di reclusione, accompagnati dal divieto di lasciare il paese e di dirigere o scrivere film per i successivi vent’anni. Nella sua nuova opera presentata al Festival di Venezia, Panahi mette in scena se stesso, nascosto in un piccolo villaggio al confine turco, mentre segue a distanza la realizzazione di un nuovo film su due giovani che tentano la fuga dal Paese. Allo stesso tempo, nel villaggio cresce la tensione per una foto scattata dal regista a una donna promessa sposa che scambia effusioni con un altro uomo. Gli orsi non esistonomescola finzione e documentario in unariflessione metanarrativa sul potere dissidente del cinema. Il film ha vinto ilPremio Speciale della Giuria, che Pahari non ha potuto ritirare perché arrestato di nuovo lo scorso luglio. Questi erano alcuni dei migliori film del Festival di Venezia da vedere, che ci accompagneranno al cinema nei prossimi mesi.Quitrovate l’elenco completo dei film presentati per questa edizione. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostLive Report | Il sold out di Frah Quintale al…byIrene Lantano Next PostLive Report | Affrontare settembre con i Fine Before You…byEnrica Barbieri
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Skam Italia 5: la storia di Elia
Due concerti che vi consigliamo questo fine settimana a Milano!byEnrica Barbieri Live Report | Il sold out di Frah Quintale al…byIrene Lantano Skam Italia 5: la storia di Elia Il primo settembre è uscita la tanto attesa quinta stagione diSkam Italia. La serie si compone di dieci puntate in totale, tutte già disponibili suNetflix. Alla regia troviamoTiziano Russoche da dietro la cinepresa racconta le vicende diElia, interpretato daFrancescoCentorame. Come per ogni stagione, anche la quinta si concentra su un personaggio in particolare. In questo caso si tratta di Elia, che si ritrova con l’amaro in bocca dopo labocciatura alla maturità. Ripetere l’anno, mentre gli amici di una vita sono alle prese con avventure diverse, lo proietta in una routine familiare (la stessa scuola, le stesse giornate scandite dalle stesse materie ma con meno entusiasmo) che, però, presentarisvolti nuovi. Di nuovo, per esempio, c’è il gruppo di amicizie che stringe tra i muri scolastici comeViola(interpretata daLea Gavino), giovane studentessa impegnata nella rappresentanza d’istituto e con la quale sembrerebbe nascere del tenero. Ludovico Bessegatoha lasciato il suo ruolo da regista, ma si è occupato della sceneggiatura assieme adAlice Urciolo. La combinazione delle loro teste ha dato origine alleansieche Elia deve affrontare in quanto adolescente che si proietta nel mondo degli adulti. Il tema principale che scopriamo lungo le puntate, infatti, è quello dell’ipoplasia penienadel protagonista. Si tratta di una condizione patologica e consiste in un pene dalle dimensioni inferiori rispetto alla normalità. Non è difficile immaginare, quindi, come questa situazione possa impattare sul soggetto affetto e rendere difficile vivere serenamente una relazione romantica. E infatti Elia fatica ad aprirsi sulla questione, scivola via da qualsiasi legame che possa comportare un’eccessiva intimità fisica, innalza delle mura alte chilometri e ci si nasconde dietro. Fortunatamente, la quinta stagione diSkam Italiamette in scena non solo ledifficoltà dei suoi personaggi, ma anche ilprocesso per superarle. Gli spettatori della serie sono abituati alle tematiche cheSkam Italiaaffronta. Si è parlato di tradimento, orientamento sessuale, trust issues, religione e amore. Sono questioni che premono gli adolescenti e che sono già state evidenziate in passato da altri lavori cinematografici. Dunque, gli argomenti non sono una novità, però è fresco ilmodo in cui vengono sbrogliati. Si scava a fondo e con le mani, si setaccia in maniera minuziosa e si separano i sassi dalla sabbia. Si sceglie cosa tenere e si va avanti. Gli attori, infatti, vestono i panni dipersone impegnate in un processo di crescita. Siamo partiti con i primi anni delle superiori e siamo arrivati fino alle soglie del mondo adulto e l’ingresso all’università. Forse è giusto dire cheSkam Italiaracconta della vita, immortala i giorni che passano e il tempo che cambia. E dunque, parla un po’ di tutti. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostDue concerti che vi consigliamo questo fine settimana a Milano!byEnrica Barbieri Next PostLive Report | Il sold out di Frah Quintale al…byIrene Lantano
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La Casa di Carta: Corea – Come fare centro con un remake
Musica e TikTok: come gli artisti usano il social per…byAngela D’Addio Live report | Gué al CarropontebyJacopo Vitelli La Casa di Carta: Corea – Come fare centro con un remake Il24 giugnoNetflixha ufficialmente rilasciatoLa Casa di Carta: Corea, remake firmato daKim Hong-sundella famosa serie spagnola, che con le sue cinque stagioni è diventata un fenomeno globale. La domanda sorge spontanea: ha senso investire in una serie che ricalca un prodotto già famoso, cambiandone il contesto culturale? Latramaè quella che già conosciamo: ungruppo di criminaliviene riunito da un misterioso genio, chiamato il Professore, per prendere parte a unarapina colossale alla Zeccadi Stato, dove, seguendo un sofisticato piano, stamperanno valanghe di soldi e fuggiranno illesi e ricchi. Ma non ci troviamo più in Spagna e nemmeno nella Corea (del Sud o del Nord) che conosciamo. La serie è infatti ambientata nel2025e ipotizza l’unione dei due Stati, dopo anni di conflitto, in un’unica area economicacon una moneta comune. Nel cast troviamoYoo Ji-tae(famoso per la parte inOld Boydi Park Chan-wook) nei panni del Professore,Park Hae-soo(che ha recitato inSquidGame) nel ruolo di Berlino eKim Yun-jin(Sun diLost), che interpreta l’ispettrice a cui viene assegnata la negoziazione con i ladri. La differenza fondamentale con l’originale non è solo l’ambientazione geografica, ma ilnuovo sguardo culturaleche questo spostamento comporta. Il pretesto dell’unificazione delle due Coree permette diaffrontare temi sociali importanti, raccontati attraverso lo sguardo di Tokyo (Jeon Jong-seo) nella prima parte del primo episodio. La serie inizia appunto con la sua storia, una parabola di speranza e sogni infranti che la porta da onesta cittadina ad assassina spietata. L’apertura del confine tra Nord e Sud non si rivela infatti l’inizio di una nuova era di libertà e crescita economica, bensì un’occasione d’oro per losfruttamento degli immigrati dal Norde l’allargamento del divario tra ricchi e poveri,favorito dagli investimenti nell’area economica congiunta.InLa Casa di Carta: Coreac’è quindi subito un’attenzione particolare alle questioni delladivisione di classee dell’oppressione dei poverida parte dei ricchi,leitmotivtipici di altre opere coreane (si pensi ad esempio ai film diBong Joon-ho, comeParasiteeSnowpiercer). Oltre alla lente sociale, troviamo nel remake anche diversiriferimenti alla cultura popolare coreana. Due esempi sono la presenza dellamusica k-pope le maschere dei rapinatori, che se nella versione europea rappresentavano Salvador Dalì, stavolta sono sostituite da unamaschera tradizionale Hahoe, utilizzata nel teatro coreano. Un elemento che giustifica in parte l’esistenza diLa Casa di Carta: Coreaè l’enorme popolarità che i prodotti coreani hanno avuto negli ultimi anni. In primis ci sono leband k-pop, come iBTS, che hanno raccolto migliaia di ascoltatori in tutto il mondo. Non a caso la serie inizia proprio con una loro canzone,DNA, e vengono citati nella primissima battuta di Tokyo, che si definisce parte dellaARMY, l’esercito di fan della boy band (il gioco di parole con l’esercito reale, in cui la vediamo combattere nella scena successiva, è evidente). Anche in campo cinema e TV la Corea ha sfornato successi internazionali, come il celebre dramma serialeSquid Gamee registi ben noti, tra cui i già citatiBong Joon-hoePark Chan-wook. La popolarità di questi fenomeni ha contribuito aesportare in tutto il mondo il lifestyle coreano, dal cibo alla skincare, e ad aumentare l’interesse del pubblico per questo mondo.La Casa di Carta: Coreasembra aver già incontrato l’entusiasmo degli spettatori, così come testimoniano itweet che elogiano le scelte creative e gli attori, già sulla buona strada per diventare divi. “la differenza tra me e gli altri ARMY è che io invece dovetti arruolarmi in un esercito vero” LA REFERENCE SICCOME È#BTSARMYRAGA GIÀ LA AMO#MoneyHeistKoreapic.twitter.com/8Ipqc8SPNI La Casa di Carta: Corea, pur condividendo molto con l’opera madre, riesce ad immergere le vicende nel contesto sociale locale, incontrando sia il gusto del pubblico coreano sia quello dei fan internazionali, pronti a seguire ancora una volta le vicende dei criminali-eroi dalla tuta rossa. La prima stagione è disponibile suNetflix. Qui iltrailer: Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostMusica e TikTok: come gli artisti usano il social per…byAngela D’Addio Next PostLive report | Gué al CarropontebyJacopo Vitelli
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Elvis, il film di Luhrmann che celebra il re del rock ‘n roll
Live report | Mecna e CoCo in tourbyIrene Lantano Kim Kardashian: il segreto di non dubitarebyIsaia Galli Elvis, il film di Luhrmann che celebra il re del rock ‘n roll Dopo la tappa al Festival di Cannes, il 22 giugno 2022 debutterà nei cinema italianiElvis, il film che raccontala vita e la carriera della leggenda del rock ‘n rollElvis Presley. Il registaBaz Luhrmann, a cui si deve il precedente capolavoro deIlGrandeGatsby, ci regala un ritratto di Elvis (Austin Blutler) non convenzionale, visto attraverso la complicata relazione con il suo enigmatico manager, ilColonnello Tom Parker(Tom Hanks). Il film è frutto del racconto di Parker che con la memoria ripercorre i momenti della sua carriera insieme a Elvis e approfondisce le complesse dinamiche createsi tra i due in un arco temporale di vent’anni, dagli esordi alla fama del re del rock ‘n roll, sullo sfondo di un’America segnata da un grande conformismo e divisa dalla segregazione razziale. Elvis era figlio di genitori bianchi e poveri che furono costretti a trasferirsi a Memphis, nel sud degli Stati Uniti, in un quartiere di soli neri. Questa scelta non si rivelò sfortunata, perchésin da giovane Elvis venne profondamente influenzato dall’ambiente musicale vivace dei cori gospel e blues, dai locali “peccaminosi” per sola gente di colore, dalla sensualità sincera di quella parte della società. Inizia quindi a cantare e a suonare la chitarra, acreare uno stile e un’immagine tutta sua. Quella stessa immagine che attirerà tutti gli occhi su di sé: dalle giovani ragazzine americane per le quali diventerà ben presto unsex symbolalle forze dell’ordine che lo condanneranno più volte per il suo modo di essere. Il carisma e la potenza che Elvis trasmette sul palco è proprio ciò che fin da subito colpisce il Colonnello Parker che lo trascinerà sotto la sua ala per creare una sua etichetta discografica personale. Questo è solo l’inizio dell’ascesa musicale di Elvis. In seguito prenderà il via anche unabreve parentesi cinematografica, poi tornerà ancora a fare esibizioni e concerti in giro per il paese, rinunciando però sempre alsogno del grande tour mondialeperché impedito dallo stesso Colonnello Parker. Il Colonnello Parker era un signore paffuto dalle dubbie origini, unciarlatano da fiera con il vizio del gioco d’azzardo, inserito nel mondo degli affari della musica country. Quando incontrò Elvis trovò la sua miniera d’oro e non se la fece scappare per nessuna ragione. Nonostante i suoi comportamenti manipolatori e senza scrupolo, il Colonnello diventòun punto di riferimento per Elvische vedeva in luiuna sorta di figura paterna. Ciò che li ha sempre legati è stataun’amicizia problematica, a tratti malsana e tossica, che entrambi alimentavano a vicenda e dalla quale nessuno dei due sembrava in grado di uscire.“Io sono come te e tu sei come me”dirà a un certo punto il Colonnello a Elvis, due persone all’apparenza diverse ma simili, due uomini disposti quasi a tutto per ottenere quello che vogliono, per volare in alto fino a raggiungere il sole. L’attenzione dello spettatore nel film di Luhrmann, più che sulle abilità canore del re del rock, è catalizzata dall’energia che Elvis trasmette sul palcoe quella che gli viene restituita dal pubblico durante le sue performance. Elvis viveva per esibirsi, era affamato del suo pubblico, di ciò che gli trasmetteva e delle emozioni che gli regalava. Non si fermò mai, neanche quando la ex mogliePriscilla(interpretata da Olivia DeJonge) lo pregò, per la sua salute e per il bene della loro figlia, di prendersi una pausa. La sua voce profonda da ragazzo del Sud non sparì mai, neanche negli ultimi anni di vita quando, stanco e malato, faticava a reggersi in piedi senza l’aiuto di un bastone. Il re del rock morì a 42 anni. Un finale appassionato e commovente accompagna lo spettatore attraverso registrazioni di apparizioni ed esibizioni che celebrano la sua vita e i suoi successi.“Ogni sogno che ho fatto si è avverato un centinaio di volte”disse in un’intervista che sicuramente parlerà al cuore dei tanti che certi avvenimenti li hanno vissuti in prima persona o a chi mantiene vivo Elvis ascoltando la sua musica. Elvisè un film da vedere, per comprendere la grande impronta che questa stella ha lasciato non solo in America, ma in tutto il mondo. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostLive report | Mecna e CoCo in tourbyIrene Lantano Next PostKim Kardashian: il segreto di non dubitarebyIsaia Galli
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Bicocca Tips | Oscar: tre momenti memorabili per arrivare preparati ai prossimi Academy Awards
Buon compleanno Quentin Tarantino, il più cult dei registi!byAngela D’Addio Canzoni di Lady Gaga che forse non conosci, ma dovrestibyIrene Lantano Bicocca Tips | Oscar: tre momenti memorabili per arrivare preparati ai prossimi Academy Awards È di nuovo quel momento dell’anno in cui il mondo del cinema si colora d’oro. Lanotte degli Oscarè dietro l’angolo e non c’è modo migliore per prepararsi di ripercorrere insieme i momenti più scintillanti (si fa per dire) delle edizioni passate. Giunti ormai allanovantaquattresima cerimonia di consegna degliAcademy Awards, che si terràdomenica 27 marzoal Dolby Theatre di Los Angeles, abbiamo collezionato moltissimi episodi iconici che meriterebbero di essere menzionati negli annali della storia dell’universo cinematografico. Vi consigliamo quinditre highlightstra i più divertenti per entrare nel mood giusto per affrontare una lunga nottata in compagnia delle star di Hollywood. Correva l’anno 2014 edEllen DeGenerestornava alla conduzione della cerimonia degli Oscar per la seconda volta, dopo il debutto al Dolby Theatre nel 2007. Era l’ottantaseiesima edizione dei premi più ambiti del mondo cinematografico, un’importante pietra miliare nella storia dell’Academy che per la prima volta assegnava la statuetta comeMiglior Filma una pellicola diretta da un regista di colore — eranoSteve McQueene il suo12 anni schiavo. Parliamo di quella volta in cuiBrad Pitt,Jennifer Lawrence,Jared LetoeMeryl Streepsi sono fatti un selfieinsieme, in diretta nazionale all’evento più atteso dell’anno.Sarebbe mai potuta essere una serata più iconica di così? Il momento più memorabile di quell’edizione è stato però, senza alcuna ombra di dubbio, l’arrivo della pizza . Ellen ha ordinato una bella scorta di cibo per i suoi ospiti hollywoodiani e ha accolto ilpizza boyche l’ha recapitata proprio all’interno del teatro losangelino.Fake, direte, e invece no. Nulla era stato preparato prima della cerimonia e il giovane fattorino delle pizze,Edgar, in un vero e propriofrom zero to hero, è diventato l’uomo più famoso del web. Nessun compenso per lui, se non fosse che Pharrell gli ha ceduto il suo cappello per raccogliere mance nel pubblico. Si vocifera che dalle tasche dei divi di Hollywood siano usciti circamille dollari. Il 2014 deve essere stato un anno complesso per l’Academy. La cerimonia degli Oscar, affidata alla presenza scenica (impeccabile) di Ellen, non poteva che continuare sulla retta via del disagio. Protagonista del secondo momento memorabile da non perdere per nessun motivo al mondo èJohn Travolta. Ma facciamo un passo indietro. Come accade di consueto, la consegna delle statuette è accompagnata dalle performance musicali delle canzoni che sono candidate nella categoriamiglior canzone originale. Quell’anno tra i titoli candidati c’era ancheLet It Go, cantata nella versione originale in lingua inglese dalla star dei musicalIdina Menzel. Qualcuno la ricorderà nei panni della madre diRachel BerryinGlee, mentre gli appassionati del genere riconosceranno in lei una storicaElphaba, la strega diWicked. Quello di Idina Menzel resta comunque un nome noto nello showbiz di Hollywood, o almeno così credeva l’Academy quando ha affidato a John Travolta il compito di presentarla sul palco del Dolby Theatre durante la cerimonia di consegna degli Oscar. Il corso degli eventi ha remato contro il povero Travolta, che una volta raggiunto il microfono ha introdotto la cantante con il nome diAdele Dazeem. Non mi sento di biasimarlo: e se ti capita un lapsus sul palco per eccellenza del mondo cinematografico, che fai? Fai scena muta? Ti mostri disorientato? Meglio sbagliare qualcosina che non fare nulla del tutto, no? Certo che da Idina Menzel ad Adele Dazeem ce ne vuole eh… Fun fact:lapagina Wikipediadell’artista riporta come suo nome alternativo proprio Adele Dazeem. Credo che non ci sia nulla al mondo che l’Academy, dall’alto della sua rispettabilità, possa temere di più della consegna di una statuetta sbagliata durante la notte degli Oscar. Faye DunawayeWarren Beattyaprono la busta rossa che contiene il titolo della pellicola vincitrice del premio comeBest Picturecandidato agli Academy Awards 2017. La tensione è altissima:La La LandeMoonlightsono, secondo il parere dei critici, i destinatari più probabili dell’ambita statuetta. Entrambi i film hanno già fatto incetta di premi durante la cerimonia; da un lato il ritorno alla cinematografia degli albori, con lo stile jazz e nostalgico diDamien Chazelle, dall’altro una storia LGBTQI+ dal fortissimo impatto emotivo firmata daBarry Jenkins. Così si procede come di consueto, Warren Beatty apre la busta e annuncia “and the Oscar goes to…”; Faye Dunaway, a quel punto, prende parola e acclamaLa La Landcome vincitore del premio. Il cast, il regista e i produttori salgono sul palco e danno inizio all’acceptance speech. Nel vivo dei festeggiamenti, però, Beatty torna sul palco e si avvicina aEmma Stone; lei, con sguardo attonito, sembra domandarsi come sia possibile, mentre gli attori si avviano verso le scale per abbandonare la scena. Non credo di voler spoilerare altro rispetto a quanto accaduto quella sera. A vincere l’Oscar, si sa, non fuLa La Land, bensìMoonlight, ma voglio lasciare a voi l’esperienza di vedere come sono andate a finire veramente le cose. Vi assicuro che la scena, vista in diretta, ha avuto un che di incredibile e ancora oggi, a distanza di anni, mi domando come sia stato possibile annunciare il film sbagliato nel momento più importante, più iconico e più atteso dell’anno, cinematograficamente parlando. Da quella volta, all’ingresso del Dolby Theatre è stato appeso un cartello con la faccia di Warren Beatty e la dicitura “io non posso entrare.” Disclaimer: questo forse non è vero, ma non avrei nulla da ridire se l’Academy decidesse di farlo davvero. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostBuon compleanno Quentin Tarantino, il più cult dei registi!byAngela D’Addio Next PostCanzoni di Lady Gaga che forse non conosci, ma dovrestibyIrene Lantano
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Buon compleanno Quentin Tarantino, il più cult dei registi!
Mina, la Tigre di CremonabySara Garnieri Bicocca Tips | Oscar: tre momenti memorabili per arrivare preparati…byJessica Amianto Barbato Buon compleanno Quentin Tarantino, il più cult dei registi! Il 27 marzo compie gli anni QuentinTarantino, regista statunitense che non ha bisogno di presentazioni. Con il suo atteggiamento irriverente e i suoi film dallo stile inconfondibile, è ormai un nome ben scolpito nella storia del cinema contemporaneo. Tarantino inizia a muovere i primi passi nel settore fin da ragazzino, lavorando ai Video Archives del suo paese. Negli anni ‘80 si sperimenta per la prima volta come regista in un film che avrebbe dovuto intitolarsiMy Best Friend’s Birthday, scritto insieme al collegaCraig Hamann. Il film, autoprodotto, ha subìto una serie di rallentamenti e incidenti di percorso, tanto che alla fine non è mai stato ultimato. Oggi è disponibile suYoutubeunaversione incompleta da 36 minuti, una piccola chicca per scoprire le origini cinematografiche di Tarantino. Ma è neglianni ‘90che il regista raggiunge il successo che lo porterà ad affermarsi come punto di riferimento del panorama artistico. Nel 1992 esceLe iene, acclamato dalla critica e dal pubblico, pur generando controversie per le sue scene di violenza grafica e per il suohumourcinico. È invece del 1994 il cultPulp Fictioncon John Travolta e Uma Thurman, che agli Oscar del 1995 si aggiudicò la statuetta per lamiglior sceneggiatura originale, la prima per Tarantino (l’altra sarà perDjango Unchainednel 2013). Ad oggi la filmografia di Quentin Tarantino conta 9 film, a cui va aggiuntoFour Rooms,una pellicola divisa in quattro parti dirette rispettivamente da Allison Anders, Alexandre Rockwell, Robert Rodriguez e lo stesso Tarantino.I9 filmsono: Kill Bill: Volume 1(2003) eVolume 2(2004) Grindhouse – A prova di morte(2007) Tarantino è ungrande conoscitore della storia del cinema, sia statunitense che non, e coglie spesso l’occasione nei suoi film per omaggiare i suoi registi preferiti. Fra i suoi generi preferiti c’è laNouvelle Vague, il cinema d’azione di Hong Kong e i film western. Alcuni fra i suoi registi preferiti sonoBrian De Palma,Jean-Luc Godard,Sergio Leone,David FinchereSofia Coppola. Nel 2004 Tarantino era presidente della giuria alFestival di Cannes, dove il film coreanoOld BoydiPark Chan-wookvinse il Grand Prix Speciale della Giuria. A proposito della pellicola, Tarantino dichiarò con grande ammirazione chequel film avrebbe voluto farlo lui. La sua vena citazionistica ha anche generato polemiche che accusano il regista di copiare deliberatamente spezzoni e dialoghi di altre opere. Per rispondere (letteralmente) alla Tarantino, possiamo affermare che “i grandi artisti non copiano, rubano”. Quentin Tarantino ha dichiarato più volte che il suo decimo film sarà l’ultimo della sua carriera da regista. Quale sarà allora l’ultima pellicola del regista più conosciuto della cultura pop? Alla scorsaFesta del Cinema di Roma, lo stesso Quentin ha ammesso di non sapere quale sarà il suo prossimo film. Intervistato dal direttore del Festival,Antonio Monda, Tarantino parla di un progetto stile Spaghetti Western, una commedia in cui i personaggi parlano tutti lingue diverse. Il Bandito messicano è un italiano; l’eroe è un americano; lo sceriffo cattivo è un tedesco; la ragazza messicana del saloon è israeliana. E tutti parlano una lingua diversa. E gli attori non capiranno: sapranno di dover dire la loro battuta solo quando l’altro attore avrà finito di parlare. In caldo ci sarebbe anche la serieBounty Law, di cui il regista aveva parlato rilasciando dichiarazioni nel 2020 alla rivistaDeadline.Bounty Lawè la serie western in cui recita Rick Dalton, personaggio dell’ultimo film di TarantinoC’era Una Volta ad Hollywoode interpretato daLeonardo Di Caprio. Insomma, non abbiamo al momento informazioni ufficiali, ma sicuramente attenderemo con impazienza di vedere cosa Tarantino ha in serbo per noi. Se volete leggere la nostrarecensionediC’era Una Volta ad Hollywoodpotete trovarlaqui. Infine, ancora una volta:buon compleanno Quentin Tarantino! Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati* Previous PostMina, la Tigre di CremonabySara Garnieri Next PostBicocca Tips | Oscar: tre momenti memorabili per arrivare preparati…byJessica Amianto Barbato
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L’occhio della regista: tre film diretti da donne
Tre consigli in occasione della Giornata mondiale del tennisbyMatteo Piana Venditti & De Gregori: i due cantautori romani insieme in…byEnrica Barbieri L’occhio della regista: tre film diretti da donne Partiamo da una premessa: il riconoscimento dei traguardi femministi e l’attenzione alle tematiche di genere non sono attività da tenere in considerazione solo l’8 marzo. Prendiamo però laFesta della donnaanche come un’occasione per mettere in primo piano le storie di donne che con la loro passione e la competenza ci dimostrano che nongrazie amanonostanteil contesto sociale – purtroppo ancora lontano dalle pari opportunità – si possono raggiungere importanti successi ed aprire la strada a nuovi orizzonti di inclusione e valorizzazione. Oggi, in particolare, parliamo difilm diretti da donne. Si può prendere come esempio dell’evoluzione femminista ilcinema, un settore in cui, ancora ad oggi,è difficile per le donne competere con la predominanza maschile.Secondo ilReport UNESCO del 2018 “Re|Shaping Cultural Policies”, le donne del settore cinematografico non solo non vengono adeguatamente rappresentate, ma hanno anche un accesso alle risorse più scarso e vivono un consistentegender pay gap. Per fortuna però il vento sembra star cambiando e alcuni esempi della storia recente ci dimostrano che il ruolo delle donne sta finalmente acquisendo il peso che gli spetta. Pensate ad esempio aChloé Zhao(regista diNomadland), che con ledue vittorie agli Oscar 2020 per il miglior film e per la miglior regiaha lasciato il segno nella poco lusinghiera storia delle donne in questa cerimonia. Ma l’impronta femminista nel cinema passa anche per il prodotto stesso, o meglio per il modo in cui le scelte narrative e visive di un film passano attraverso lo sguardo della regista. Un film femminista non è esclusivamente un film con una protagonista forte e indipendente, ma è un’opera in cui si sfida la canonica prospettiva maschile per dare spazio a unarappresentazione femminile più autentica. Ecco quindi3 film diretti da donne, in cui ilfemale gazesi declina in scelte stilistiche di rivendicazione femminile. Rawè un horror del 2016 scritto e diretto daJulia Ducournau. La storia ruota intorno aJustine, una ragazza timida e introversa che inizia il suo primo anno alla scuola di veterinaria. Justine, come il resto della sua famiglia, è da sempre vegetariana, ma finisce per infrangere il suo codice morale quando mangia un pezzo di carne cruda come rito di iniziazione per le matricole. Il sapore della carne animale scatena in lei un appetito ben più sinistro per quella umana e in un’escalation di violenza Justine si trasforma in una vera e propria cannibale mangia-uomini. Come può un horror sanguinolento esser definito “femminista”?La visione di Ducournau inRawsi concentra su una rappresentazione senza filtri e quasi animalesca dellafigura femminile. In un mondo in cui siamo abituati a personaggi femminili stereotipati, aggraziati, composti e al limite dell’etereo, le donne diRawsono associate in maniera viscerale a elementi come vomito, sudore, peli corporei e molto sangue. Justine non è uno zombie sexy ipersessualizzato, ma un reale mostro che compie atti disgustosi senza imbellettamenti. Questo ritratto non solo rende ancora più d’impatto il grottesco del film, ma è un ottimo esempio di come lo sguardo femminile nel cinema possausare l’orrido per strappare lo spettatore dalle sue convinzionisul corpo femminile. Piccole Donneè un titolo che quasi non ha bisogno di spiegazioni. La storia dellesorelle March, nata dalla penna diLouisa May Alcott, è un emblema della letteratura femminista ed è stato negli anni rappresentato meravigliosamente anche sul grande schermo. L’ultimo adattamento risale al 2019 ed è ad opera della registaGreta Gerwig, conosciuta anche perLady BirdeFrances Ha. Si tratta di un film in cui in primo piano ci sonodonne costruite a 360°, che spesso devono destreggiarsi fra gli ostacoli che la società patriarcale pone ai loro desideri. Il caso più lampante è quello diJo, la più indipendente delle sorelle, che aspira a diventare scrittrice e che rifiuta ideologicamente il matrimonio. Piccole Donnevuole spingere le donne alottare per realizzare i propri sogni nonostante l’ostilitàverso l’ambizione femminile che ancora si fa sentire dopo più di 150 anni dall’uscita del romanzo. Proprio per l’estrema attualità dei suoi temi,Piccole Donnenon ha bisogno di essere catapultato nel XXI secolo per acquisireappeal. Al contrario,tutte riusciamo ad identificarci in una o più delle sorelle Marchnonostante la distanza storica. Piccole Donneci mostra come in un classico si possano ritrovare motivi della contemporaneità che ancora risuonano nella vita delle donne e che possono continuare ad essere una fonte di motivazione. Per una recensione più estesa leggiil nostro articolo. Nel suo film del 2018Private Life,Tamara Jenkinsesplora il tema della genitorialità e della fertilità attraversoRichard e Rachel, una coppia di ultraquarantenni che tentano, con parecchi insuccessi, di avere un figlio. Con la sua scrittura brillantePrivate Lifetocca diversi punti caldi di questioni che riguardano intrinsecamente le donne e i loro diritti, come laconciliazione lavoro-famiglia, gliabusi del sistema mediconei confronti di chi sceglie il procedimento di fecondazione assistita e lapressione sociale sulla maternità. È la stessa Rachel a fare un riferimento diretto in una scena del film: “I just feel so betrayed. All the shit I was fed in college. Feminist ideology. It was a lie that I could have a career and then have kids. Well obviously that hasn’t panned out. I should send them the bills for our IUIs and IBFs” Film comePrivate Lifesono importanti perché hanno il coraggio di mostrare con onestà tutta la frustrazione delle donne che nelle loro decisioni personali si ritrovano vittime passive di forze esterne. Non solo donne-eroine quindi, ma in primisdonne umane, stanche, deluse e giustamente arrabbiate. Uno schiaffo morale dal sapore dolce-amaro, che ci ricorda di continuare a indignarci per le ingiustizie ancora perpetrate. Questi eranotre suggerimenti di film diretti da donne, in cui si può leggere come lo sguardo femminile e femminista produca opere di profondo rilievo sociale, da cui tutti possiamo trarre insegnamenti e ispirazione per una riflessione più ricca sulle questioni di genere. 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